martedì 30 novembre 2021

La condizione umana

 

Come c’è un benessere basilare legato all’esistenza umana, così c’è anche un malessere. Non si può negare infatti che la nostra vita sia limitata in un determinato spazio-tempo, condizionata, confinata in un corpo e in un io che non possono essere cambiati, dominata da opposti impulsi di attrazione/repulsione, piena di desideri insoddisfatti e contrassegnata da mille malanni, mille pericoli e mille ignoranze. Non ci sono solo le sofferenze legate ai dolori fisici e morali, ma anche quelle legate proprio al cambiamento e al divenire.

Se non si tiene conto di questo alternarsi di benessere e malessere, se non ci si sente ristretti in questa condizione umana, non si è portati per la meditazione, che parte sempre da un’insoddisfazione e da una riflessione.

Il meditante queste cose le sa e ne tiene conto, mentre l’incosciente, il non pensante, l’ignorante, oscilla da un estremo all’altro illudendosi di sfuggire alla metà dolorosa della vita.

La meditazione è una visione sintetica e serve anche a riequilibrare gli opposti stati d’animo. Il meditante non si esalta quando le cose vanno bene e non si abbatte quando vanno male. Guarda questa impermanenza con occhio distaccato, consapevole che questo è anche l’unico modo per uscirne non distrutti.

lunedì 29 novembre 2021

Le opinioni

 

È singolare che il buddhismo citi fra i vari ostacoli all’illuminazione - come l’ignoranza, il desiderio sensuale, l’orgoglio, l’attaccamento al divenire, ecc. - la mania di avere opinioni.

Pensiamo ai nostri poveri opinionisti.

Il fatto è che le opinioni sono punti di vista soggettivi, spesso infondati. Non danno nessuna garanzia di obiettività.

Per essere obiettivi ci vogliono riflessione, meditazione e saggezza. E, spesso, è meglio non avere opinioni (parziali, insicure e insufficienti) su argomenti che non possono essere definiti a parole e quindi neppure ingabbiati nelle categorie abituali del pensiero.

In tali casi, molto meglio il "nobile" silenzio.

L'idea di Dio

 

Quando tutte le cose erano ancora nell’Origine, nessun sentiva il bisogno di Dio. Ma, quando uscirono fuori, allora la mente umana incominciò a pensarci.

Tuttavia pensa che Dio sia un Essere a se stante. E quindi molti non sanno di che cosa parlano e pregano qualcosa che è semplicemente un’idea della loro mente; lo credono un Dio unico, trascendente, personale e creatore del mondo.

Ma quel che ora chiamiamo Dio era a quei tempi (senza tempo) l’esperienza di tutti.

Quando facciamo l’esperienza della vera trascendenza, l’idea di Dio scompare.

domenica 28 novembre 2021

Viraga, il distacco

 

Ci sono tante persone che sono abituate a mentire non solo agli altri ma anche a se stesse. Di conseguenza sono degli alienati, degli infelici. Perché una cosa è certa: che chi non è se stesso, è doppiamente infelice.

All’inizio, in meditazione, tutti cerchiamo la felicità e la nostra vera identità terrena – e non è una via sbagliata. Tutti cerchiamo benessere e gioia. Ma, man mano che approfondiamo, scopriamo che anche la felicità e l’io non sono che increspature di un mare che ha mille movimenti.

Ora noi vorremmo andare oltre tutti questi movimenti. Non cerchiamo le increspature fenomenologiche della realtà, ma la realtà stessa, nella sua nudità o nuda identità. Vogliamo andare oltre la dimensione umana.

Meditare è tenere desta una consapevolezza di fondo che ci avverte di tutte le increspature, ponendoci nel punto centrale, nell’occhio, del ciclone, e donandoci il distacco (viraga).

Viraga è lo stato al di là dei movimenti mentali, delle passioni, dei desideri. Almeno finché dura la meditazione.

Dopo aver trovato la calma (samatha), ecco che ci inoltriamo nella visione profonda (vipassana), la visione che tocca il fondo della cose.

Chi medita osserva e vede con sempre maggior chiarezza i movimenti, i metodi, gli strumenti e le strategie con cui si tiene in vita il mondo. Vede la dialettica, l’andare e il venire, e l’impermanenza del tutto. E man mano se ne distacca.

Lo stesso Buddha diceva che, come il mare diventa profondo poco alla volta, gradualmente, “così in questo insegnamento e in questa pratica, vi è un esercizio graduale, un’azione graduale, uno svolgimento graduale, e non un accesso subitaneo alla conoscenza suprema” (Anguttara Nikaya, 8, 19).

sabato 27 novembre 2021

Dukkha

 

Vivere è tendersi, protendersi, per tutti gli esseri viventi, con il corpo e con la mente. Ma è chiaro che “entrare in tensione” è pur sempre uno stress, uno sforzo, una sofferenza, ciò che il Buddha chiamava dukkha. La sua prima “nobile” verità è che la nostra condizione non può essere esente da sofferenza. Nascere è dukkha, vecchiaia è dukkha, malattia è dukkha, morte è dukkha. 

Si può non essere d’accordo? E si può non essere d’accordo quando aggiunge che essere legati a coloro che non amiamo è dukkha, che essere separati da ciò che amiamo è dukkha e che non ottenere ciò che si vuole è dukkha? Evidentemente no. Sono esperienze di tutti. E molte altre cose sono dukkha.

Questo non significa che non esistano momenti di piacere, di benessere, di gioia e di felicità. Ma resta il grande problema che tutto è impermanente, evanescente, non durevole, destinato a finire. C’è dunque una sofferenza insita nella condizione di essere vivente. Nessuno può sfuggire a dukkha.

Se vogliamo cercare uno stato esente permanentemente da dukkha, dobbiamo rivolgerci altrove, non a questa esistenza. Il mondo non è redimibile.

Ma poiché ci troviamo in questo stato, con questo corpo e con questa mente, è con loro che dobbiamo cercare di capire e di risolvere il problema. Non invocando dei o salvatori ultraterreni.

Se ci fossero dei o salvatori, il mondo sarebbe diverso. Ed è proprio di questo che ci lamentiamo – che non lo è.

mercoledì 24 novembre 2021

Il benessere originario

 

In meditazione non c’è bisogno di rivolgersi a nessuna divinità, per il semplice fatto che non si tratta i ricevere una grazia, ma di compiere un’esperienza che è alla portata di tutti e che è affidata alla persona stessa che la compie. La prima fase di questa esperienza è trovare la pace interiore, qualcosa che ci siamo dimenticati, immersi come siamo in un mondo frenetico e stressante.

Come diceva Pascal, “tutta l’infelicità dell’uomo proviene da una sola cosa: dal non saper stare in riposo in una stanza”. Il che significa che se impariamo a stare “in riposo in una stanza” troviamo anche uno stato di felicità – uno stato che non deriva da come ci vanno le cose, ma da noi stessi. È qualcosa di sempre presente e antico, che sta in noi, ma che noi perdiamo. Più che di felicità, possiamo definirlo un’esperienza di benessere. Senza benessere non ci sarebbe vantaggio nella meditazione, ma neppure nella vita.

Perché dovremmo vivere se dovessimo sempre star male?

Purtroppo, le vite sbagliate e innaturali che conduciamo ci portano a desiderare mille altri beni e a provocare mille altri malesseri e sofferenze. È tutto molto semplice.

La meditazione è rivolta per prima cosa a ripristinare questo benessere basilare che è qualcosa di naturale. Non bisogna quindi sforzarsi o tendersi, ma fare esattamente il contrario: non fare, lasciar andare i pensieri e le preoccupazioni, distendersi, rilassarsi. Riprovare la gioia di essere, il piacere del riposo, il piacere del respiro, il piacere dell’essere coscienti.

Per ottenere questo stato, dobbiamo arrestare ogni altra attività, fisica e mentale, e concentrarci, meglio, stare attenti al respiro: inspirazioni, espirazioni, intervalli... Nient’altro.

Naturalmente dobbiamo immergerci in questa sensazione, lasciando perdere ogni altro pensiero. Se insistiamo, il benessere diventa tangibile e aumenta fino a diventare una vera e propria gioia. Per non divagare, per non distrarci, seguiamo il respiro nei punti in cui diventa sensibile: nelle narici, nei movimenti del torace, nel suono dell’aria, nella pancia… Oppure ripetiamo mentalmente ispirazione, espirazione o dentro, fuori – o tutte queste cose alternate.

La cosa fondamentale è attaccarci alla sensazione di benessere, che dipende solo da noi, che è gratis, che non richiede sforzi, che non dipende da nessun'altra condizione, che può essere intensificata fino ad una vera e propria estasi.

Questo è uno dei premi della meditazione. Ma è solo l’inizio.

La verità salutare

 

Nella storia delle religioni, piena di inviti alla fede e al fanatismo, c’è un’unica eccezione: il discorso del Buddha ai Kalama, gli abitanti di una cittadina del regno di Kosala, che gli avevano domandato a chi o a che cosa credere nella confusione dei messaggi e delle opinioni:

 

“Non lasciatevi guidare dai racconti orali, dalla tradizione, dal sentito dire, dall’autorità dei libri religiosi, dalla sola logica, dalle deduzioni, dall’apparente competenza di chi vi parla, dalla verosimiglianza, dal piacere per la speculazione, non lasciatevi guidare nemmeno dal pensiero: ‘Questo è il mio maestro’… Ma se constatate di persona che certe cose vi fanno male e conducono alla sofferenza, allora rinunciatevi. E se constatate di persona, con occhi bene aperti, che certe cose vi fanno bene, allora sì accettatele e mettetele in pratica.”

Insomma, dobbiamo sperimentare e riflettere da soli, lasciando perdere i religiosi, i filosofi e i presunti o sedicenti maestri. Il che significa che dobbiamo lasciar perdere anche le verità codificate del buddhismo.

Ciò che conta è verificare di persona se una cosa ci fa sentire tranquilli-sereni o agitati-angosciati. La “verità” (che non può essere affidata alle parole e neppure ai pensieri) deve far bene subito, deve darci la tranquillità. È l’effetto che conta.

lunedì 22 novembre 2021

Maestri di vigilanza

 

Guardare in senso meditativo non è semplice, perché differisce dal comune guardare condizionato. È un guardare senza adesione, con distacco, lontano dagli estremi dell’attrazione e della repulsione, attento a non cadere nelle illusioni, nei miti, nei luoghi comuni – qualcosa che ricorda anche l’atteggiamento stoico, l’atteggiamento che ha fatto grande Roma e che, una volta abbandonato per dar seguito all’atteggiamento cristiano, basato sulla passionalità, l’emotività, la sottomissione e la credulità, ha decretato la fine dell’impero.

Facciamo la prova. Guardiamo le cose senza fedi, senza schemi, senza distorsioni, senza pregiudizi, obiettivamente. Guardiamole freddamente, ma con compassione per comunanza di destino. Non è facile. C’è sempre qualche deformazione, qualche emozione, qualche parzialità, qualche distrazione.

Il meditante deve invece deve continuamente tenere d’occhio il mondo e se stesso, il particolare e l’insieme, il lato oscuro e il lato luminoso, l’apparenza e la profondità, il dritto e il rovescio, la semplicità e la complessità, senza cedere agli alti e ai bassi della vita.

Non perde mai la concentrazione consapevole, ritorna sempre alla presenza mentale. È in tal modo che alla fine vede le cose così come sono. Il che non vuol dire che le cose siano in sé, indipendentemente dallo sguardo di chi le guarda, ma esattamente il contrario. Siamo noi che ci siamo messi nella posizione giusta per vedere, sia quel che sia.

domenica 21 novembre 2021

La sentinella dell'anima

 

Mi correggo. Il fine della vita non è semplicemente vivere. Ma vivere per vedere, e infine deporre la volontà di vivere-e-morire, per uscire definitivamente dal ciclo vizioso delle nascite e delle morti, per andare al di là.

Ma com’è possibile che i problemi filosofici, i dubbi e le contraddizioni possano essere risolti solo guardandoli?

Li poniamo davanti a noi e li osserviamo attentamente, senza fretta di risolverli. Li guardiamo da tutti i lati, da tutte le prospettive… finché non ci accorgiamo che sono soltanto problemi razionali, della mente logica. Allora svaniscono.

Il paradosso, la contraddizione, non viene risolta scegliendo uno dei due estremi (esiste o non esiste Dio? Esiste o non esiste un’anima?...), ma abbracciandoli entrambi. La verità, la realtà, è paradossale per la mente e, in sé, non risponde al principio di non-contraddizioe.

La meditazione non è una ricerca razionale, come una filosofia, ma una via sintetica dell’attenzione, cioè tiene conto di entrambi gli estremi.

Se una persona è attenta, dice il Buddha, vedrà gli stati benefici progredire ineluttabilmente; se è disattenta, vedrà gli stati nefasti progredire ineluttabilmente.

sabato 20 novembre 2021

La pacificazione profonda (samatha)

 

La calma non è solo la virtù dei forti, così come dice il proverbio, ma è anche la via verso l’illuminazione. Infatti la calma è una via di mezzo tra l’esaltazione e la depressione, tra l’eccesso di forza e la mancanza di energia, tra ottimismo e pessimismo, e permette quindi di vedere le cose senza filtri emozionali condizionanti.

Inoltre la calma è un punto di equilibrio che permette di non perdersi tra i ricordi del passato e le ansie del futuro. Rimane nel presente.

Avere la calma consente di vedere le cose senza schermi, senza contraffazioni. Secondo le parole del Buddha, “in ciò che vedi, vedi soltanto ciò che è dato vedere. In ciò che ascolti, ascolti soltanto ciò che è dato ascoltare. In ciò che provi, provi soltanto ciò che è dato provare. In ciò che conosci, conosci soltanto ciò che è dato conoscere.” Niente di più e niente di meno.

Con la calma meditazione, smetterai di aderire alle cose e avrai uno sguardo limpido. Vedrai nella natura del tuo essere e dell’essere in generale. Non parteggerai per nessuno e per niente. Vedrai direttamente, senza pensare, senza costrutti mentali.

Lo zen, dice Suzuki, è “un’arte di vedere”. Ed è la calma del corpo e della mente che ti porta alla chiara visione.

La meditazione samatha è come un’ “arma affilata senza la quale è pericoloso andare in battaglia” dice il Buddha.

venerdì 19 novembre 2021

La nevrosi del mondo

 Poiché il nirvana viene assimilato al nulla, spesso il buddhismo viene definito “nichilista”. D’altronde il termine “nir-vana” è composto da due parole: “nir” che è la particella negativa e “vana” che significa vento o soffio. Si tratta dunque di una mancanza di “soffio” vitale: che cosa rimane dunque?

Bisogna intendersi, però, su questo nulla, su questa operazione di estinzione.

Se infatti vogliamo svegliarci da un sogno (magari brutto), dobbiamo necessariamente annullare, spegnere o estinguere quello stato irreale. Le due cose non possono stare insieme.

Dunque il nulla o il vuoto di cui parla il buddhismo è la nientificazione del samsara senza speranza, ossia del girare intorno e agitarsi come topi in gabbia – uno stato di nevrosi cosmica.

Se per esempio volete scoprire la vastità dell’intero panorama dovete abbattere la casa in cui vi siete chiusi. Se gettate giù le mura, che cosa si vede al di là?

Del resto, quando una persona muore, che cosa si dice se non che “si spegne”? Non è il buddhismo che è nichilista. È il mondo che prevede l’annientamento finale come passaggio all’aldilà nirvanico. Non potrete portarvi dietro niente di questo mondo, dovrete necessariamente liberarvi di tutto.


giovedì 18 novembre 2021

Senza scopo

 

Nella vita ci poniamo sempre degli obiettivi. “Devo fare questo, devo raggiungere quello, devo ottenere quell’altro…” E se non lo facciamo ci sentiamo inutili.

Anche a livello religioso ci dicono che dobbiamo vivere per superare certi esami, per essere promossi, per meritare il paradiso. Come se la vita esistesse per raggiungere una meta.

Solo in meditazione ci accorgiamo che, così facendo, siamo sempre tesi e lontani da qui e ora. In fondo questa ricerca è un modo per sfuggire a noi stessi e posporre sempre la realizzazione – che invece è sempre presente, sempre nel presente, sempre a portata di mano.

Ciò che inseguiamo forse non lo raggiungeremo mai, e sarà comunque una delusione. Ma il presente è già in questo momento, è già nostro.

Lo scopo della vita è la vita, non un’altra vita.

Identità sessuali

 

In tanti casi, quanta fatica si fa per trovare e affermare la propria identità sessuale. Ma lo sapete che la nostra identità ultima non è quella sessuale?

Dobbiamo cercare quella identità che non è né maschio né femmina, prima del maschio o della femmina. Perché altrimenti gli uomini avrebbero i seni? Non certo per allattare.

Questo vuol dire che all’inizio non siamo né maschi né femmine. O entrambi.

Ci sono identità superficiali e identità più profonde. Non sprechiamo tempo con la superficie.

mercoledì 17 novembre 2021

Vite precedenti

 

Molti di noi non sono capaci di vivere appieno il momento presente. Ci stanno due o tre attimi, ma poi sentono il bisogno di muoversi, fisicamente e mentalmente. Non è detto però che sia colpa loro. Soffrono di una tensione, di un’ansia che è stata trasmessa loro dal passato, da genitori o da antenati altrettanto agitati e nevrotici.

In realtà è dalla notte dei tempi che non sappiamo rilassarci e mollare la presa. Generazione dopo generazione abbiamo dovuto lottare, tenere duro, stare sul chi va là, tenderci – e questo atteggiamento arriva fino a noi, perché siamo tutti connessi.

In effetti in ognuno di noi vivono i predecessori, con le loro paure e le loro sofferenze. Questo non vuol dire che noi siamo vissuti in epoche passate, ma che le vite precedenti affiorano in noi. È da queste semplici intuizioni che nascono le teorie sulla reincarnazione.

E' difficile liberarci della sofferenza profonda se non ci si libera anche del passato e non si riesce a vivere nel momento presente.

lunedì 15 novembre 2021

Il perché della sofferenza

 

Per gli esseri umani (e per tutti gli esseri viventi) è impossibile sfuggire alla sofferenza, perché la sofferenza è insita nel vivere. Tutti cerchiamo una spiegazione, una giustificazione, una logica in questo stato di cose. Ma talvolta non è rintracciabile, perché la sofferenza è ereditata da persone che non conosciamo, da nostri lontani progenitori. E noi, pur senza colpa, possiamo essere colpiti dal male.

Il fatto è che tutti siamo interconnessi, nello spazio e nel tempo – siamo i terminali di una lunga processione di esistenze. E qui nel presente portiamo un pesante fardello.

Non ci rimane che diventarne consapevoli e pensare che, in quanto eredi del passato, se risaniamo noi stessi, possiamo risanare anche tutti coloro che sono presenti in noi.

Non c’è un’unica vittima sacrificale, siamo tutti possibili vittime sacrificali. E non c’è un solo salvatore, siamo tutti possibili salvatori.

Se il passato è presente in noi, noi possiamo riscattarlo per chi ci ha preceduto.

Tornare a casa

 

Non c’è bisogno, per meditare, di stare seduti e immobili. Possiamo essere consapevoli e trovare la quiete anche in movimento, camminando, correndo o facendo altre cose.

In fondo, possiamo trovare la nostra vera casa dappertutto e in qualunque posizione. Perché la nostra casa non è un luogo da raggiungere. Ma la consapevolezza del qui e ora.

Il multiverso

 

Finora eravamo convinti che il nostro universo fosse unico e che tutto fosse così ben sincronizzato da permettere ad esseri come noi di pensarlo. Ma ultimamente si affaccia l’idea che sia solo una goccia in un mare di altri universi, una delle tante o infinite alternative, alcune forse migliori di questa.

Insomma non possiamo mai stare tranquilli: Non appena ci insediamo orgogliosi al centro del mondo, ci detronizzano.

Ora anche il nostro universo non è più un posto privilegiato, creato da un Dio o dal caso, ma uno dei tanti. È come scoprire che nostro padre ha altri figli e altre famiglie… tutte trascurate. Un’altra delusione.

Dio e il male

 

Sento spesso ripetere l’idea che Dio avrebbe creato un mondo imperfetto per permetterci di scegliere, di esercitare la nostra libertà. Ma, se il mondo fosse stato perfetto o anche solo migliore, se Dio ci avesse messo direttamente in paradiso, nessuno se ne sarebbe lamentato. Invece noi ci lamentiamo.

E poi che scelta possiamo esercitare quando veniamo seppelliti da un terremoto o travolti da qualche malattia? Spesso, infatti, non dobbiamo scegliere tra bene e male, ma veniamo colpiti dal male.

La teoria secondo cui la vita sia una specie di esame è puro sadismo. Io ti creo e poi ti metto alla prova: se scegli il bene, ti premio; ma se scegli il male, ti castigo. Dio si diverte a punire?

Neppure un padre terreno sarebbe così malvagio.

In ogni caso, tanto per essere chiari, si ammette che il male è creato da Dio, non da altri.

La verità è che, senza il male, il mondo non starebbe in piedi; e chiunque crea, deve creare il male.

Ma allora il male sta proprio nella creazione. Se non si volesse il male, la soluzione sarebbe semplice: non creare nulla, lasciare la perfezione iniziale.

Per esercitare la tua libertà, preferiresti vivere in un parco sicuro ma delimitato da muri o in una giungla piena di belve feroci?

E questo pianeta che cos’è se non un grande parco delimitato da mura? Ma non per questo è sicuro.

 

domenica 14 novembre 2021

Il senso della vita

 

Non è assolutamente scontato che la vita sia un fatto positivo e in ogni momento possiamo sperimentare la sua brutalità. E, a pensarci bene, non è neppure scontato che l’essere sia. “Io sono…” che cosa significa in realtà? Magari non sono affatto. Magari non-essere sarebbe meglio. Chi può dirlo?

In realtà niente è scontato, niente è ovvio.

Potremmo anche essere morti. Qual è il punto di riferimento assoluto? Non c’è.

Siamo noi che a un certo punto attribuiamo alla vita un senso positivo. Perché lo vogliamo.

Il senso della vita dipende da noi, non dalla vita, che può essere anche orribile. È una forma di eroismo.

Godersi la vita

 

Molti pensano che per godersi la vita ci si debba mettere a gozzovigliare tutto il giorno, mangiando, bevendo, facendo sesso, arricchendosi e spostandosi continuamente da un luogo all’altro, da una persona all’altra, da un’avventura all’altra. Ma questo modo di assaporare la vita sembra più un fuggire da qualche sofferenza e dalla noia.

C’è però un’altro modo – percepire l’esistenza nella sua essenza, assaporando con calma e consapevolezza il corpo, la mente, gli altri e gli ambienti. Potremmo anche dire che questa è un’esperienza religiosa: avere il tempo per distaccarsi dalle esperienza più comuni, per concentrarsi, per fare silenzio nella propria mente e per percepire il senso sacro della vita.

La pace dà felicità, l’irrequietezza no.


"C'è di più nella vita che affannarsi senza sosta" Buddha

Iniziare a meditare

 

Quando non sappiamo come iniziare a meditare, prestiamo attenzione al nostro respirare: inspirazione, espirazione, pause… È un’antichissima pratica. Tutti respirano in continuazione (altrimenti sarebbero morti), ma pochi vi prestano attenzione.

Eppure il respiro ci accompagna l’intera vita – è la vita, e ci introduce alla spiritualità, tanto che le parole respiro e spirito hanno qualcosa in comune.

Prestare attenzione al respiro, essere consapevoli del respiro, significa innanzitutto staccarsi dai pensieri abituali e ritornare a quella nostra casa, a quel tempio che è il nostro stesso corpo, senza il quale niente sarebbe possibile.

Così facendo possiamo rallentare il respiro, che risente di ogni nostro stato d’animo, e trovare attimi di quiete. Trovando attimi di quiete, riscopriamo il senso fondamentale del vivere, che non è ansia o preoccupazione, ma piacere – piacere di essere qui e ora con i nostri sensi e la nostra mente funzionanti.

Poi, finita la tregua, ritorniamo in guerra, ma con una diversa consapevolezza.

La meditazione più semplice è uno spostamento del fuoco della coscienza, che riflette su se stessa per calmare e assaporare la propria presenza.

sabato 13 novembre 2021

Il Cielo non parla

 

Confucio si domandava: “Che forse il Cielo parla?” e Lao-tzu esprimeva lo stesso concetto e aggiungeva: “Chi sa non parla e chi parla non sa”. Entrambi volevano dire la vera sapienza non usa né parole né limitati concetti umani.

E ora pensiamo ai “libri sacri” delle varie religioni, con i loro comandamenti, i loro divieti, le loro parabole, le loro regole, le loro definizioni, le loro etichette, i loro giudizi… tutti attribuiti a Dio – un Dio che così si rivela un’invenzione umana, intrappolato nelle parole.

Il Cielo, invece, non dice nulla, l’essenza è priva di parole. Perciò, per coglierla, non devi pregare (atto di sottomissione) ma stare in silenzio (atto di comprensione). Capire, non sottomettersi – questo è il compito dell’uomo.

Credi ancora nelle parole? Esamina allora ciò che provi per la persona amata e domandati se può essere espresso con le parole: “Ti amo”.

Fuochi d'artificio

 

L’arte è una meravigliosa creazione che merita di essere ammirata e conservata – uno dei migliori prodotti dell’attività umana. Ma resta il suo grande limite: è artificio! Una torta dipinta non è la torta reale.

Ora noi dovremmo cercare la realtà, non l’artificio. Con l’artificio produciamo solo una reazione estetica, ma non abbiamo il potere di cambiare le cose.

Però, forse, la realtà non esiste in sé. È in effetti una specie di grande fuoco d’artificio, che splende un attimo e poi svanisce.

E quindi anche un fuoco d’artificio creato dall’uomo è in grado di interagire con quel grande fuoco d’artificio che è il mondo.

venerdì 12 novembre 2021

Il potere della quiete

 

A qualcuno potrebbe sembrare che la meditazione si riduca a una ricerca di un po’ di quiete in un mondo di agitazione e di preoccupazioni.

Sembra poco, ma non è così. Gli esseri umani soffrono veramente di ansie, di paure e di confusione. Non è un disturbo da poco. È una malattia devastante, sia a livello fisico sia a livello mentale. Una malattia di cui soffrono più o meno tutti.

Inoltre in questo mondo tutti e tutto sono interconnessi, non solo qui e ora, ma anche dappertutto e sempre. Ognuno di noi è il prodotto di una lunghissima trasmissione ereditaria, partita nella notte dei tempi e perdurante ancora. In sostanza nei nostri geni, nelle nostre cellule ci sono ancora i nostri avi e le loro sofferenze. Ecco perché è così difficile venirne fuori.

Quando pacifichiamo noi stessi, diamo tregua a una lunghissima e antichissima filiera che è in realtà anche una rete che avvolge l’intero pianeta. Perciò la nostra quiete, acquieta il mondo, nel presente e nel passato (che non è veramente passato). È un enorme potere.

È questo il vero miracolo della consapevolezza e della quiete nella presenza mentale, un miracolo di cui pochi si accorgono, ma che si compie in ogni momento ed è capace di cambiare la realtà.

Se allenti la tensione in te, nel tuo piccolo, la allenti in tutto. Il potere della quiete è il potere della pace in un mondo altrimenti sempre in guerra.

giovedì 11 novembre 2021

L'ascolto profondo

 

Quasi nessuno ascolta veramente gli altri, perché è per lo più occupato a pensare a che cosa dire e ai propri problemi. Tutti parlano, nessuno ascolta. Ma il fatto è che quasi nessuno ascolta se stesso. Siamo quasi tutti esseri distratti e superficiali, centrati sulle nostre esigenze e sul nostro ego.

In psicoanalisi c’è un’ottima regola: che chi vuole analizzare gli altri deve per prima cosa farsi analizzare. È un modo per conoscere qualcosa di se stesso.

Ma questo principio dovrebbe valere per tutte le professioni in cui sono implicati la comunicazione e l’ascolto degli altri. Avete mai verificato se un prete o un consigliere spirituale si è cimentato nell’ascolto di se stesso?

La verità è che, se non abbiamo mai ascoltato noi stessi, non saremo neppure in grado di ascoltare gli altri. E, per ascoltare noi stessi, dobbiamo riuscire a creare una certa spaziosità dentro di noi, lasciando andare i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni. Insomma è una forma di meditazione. Altrimenti la nostra mentre è come una stanza troppo piena di roba che non può accogliere nient’altro. Lo spazio vuoto, invece, è un invito rivolto agli altri.

In realtà non dobbiamo fare proprio niente. Non dobbiamo avere la testa piena zeppa di idee, di principi e di intenzioni. Non dobbiamo comportarci come quei missionari che ardono dal desiderio di convertire gli altri. Questo è il modo migliore per non ascoltare e non capire niente.

Se uno è troppo preoccupato di sé non ha spazio per gli altri. Se uno non ha la pace interiore non può dar pace agli altri. E quindi dobbiamo esercitarci tutti i giorni a stare con noi stessi in silenzio, rilassandoci, percependo il respiro, il corpo e la mente.

La fabbrica dei creduloni

 

Ho letto che in un gruppo di pellegrini di ritorno da una visita a Medugorje si è sviluppato un focolaio di infezione da covid. A Lourdes, invece, nel periodo di massima epidemia, erano state sospese le visite. Nello stesso tempo ho saputo che il fiume Yamuna, sacro agli indù che vi fanno le abluzioni, è inquinato da schiuma e liquami tossici che provocano malattie.

Insomma, come protettrici queste divinità non valgono molto.

Forse perché sono solo parti della nostra mente credula.

Lo so che tutti vorremmo essere protetti. Sarebbe comodo. Ma vi devo dare una brutta notizia. Non lo siamo.

mercoledì 10 novembre 2021

La vera meditazione

 

Ho letto da qualche parte che la meditazione nelle religioni teiste è un “avvicinarsi a Dio”.Questo però presuppone che esista Dio. Se Dio non esiste, a chi ti avvicini?

Per la cultura della meditazione, meditare è un avvicinarsi a te stesso – a un te che si è allontanato dalla propria essenza a causa delle molteplici attività distraenti e alienanti della mente. E qui sei sicuro che questo nucleo esista. È te stesso. È il tuo autentico te stesso. Non rischi che l’oggetto del tuo “avvicinarti” non esista. Non rischi di sprecare il tuo tempo e le tue energie per qualcosa che non c’è.

Anzi, questo ci aiuta a chiarire che cosa sia la vera meditazione: smettere di pensare in modo abitudinario e liberarsi di tanti pensieri e tante identità posticce.

martedì 9 novembre 2021

Il non-pensiero

 

Alcuni maestri di meditazione sostengono che l’essenza della meditazione è il non-pensare. Ma bisogna capire che cosa s’intenda con questo non-pensare.

Il pensiero è in realtà una facoltà prodigiosa della mente umana che ci ha permesso quel po’ di progresso che abbiamo avuto e non va certo demonizzato. Quello che si vuole eliminare è il pensiero compulsivo, ossia l’attività mentale abitudinale che va avanti ininterrottamente a produrre fantasie, immagini, ricordi, previsioni, rabbia, desideri, brama, disprezzo, odio, autocommiserazione, ecc. È un chiacchiericcio mentale che surriscalda la mente e la porta a uno stato di continua sofferenza e spreco di energie. Qui è il caso di dire che non siamo noi che pensiamo, ma che siamo pensati. Il che significa che i pensieri e gli impulsi si susseguono senza alcun controllo da parte nostra. Siamo vittime del pensiero incontrollato.

Il primo passo per fermare tale dannosa proliferazione è rendersene conto, vedere quando si verifica questo stato.

In sostanza dobbiamo mettere un po’ di distanza tra noi e il nostro pensiero, spostando l’attenzione sull’attività mentale meccanica, non voluta.

Mettiamoci in osservazione di noi stessi, Già questo atteggiamento fa emergere il Testimone, un centro di esplorazione che ci mette al di fuori dell’io abituale.

In una parola, diventiamo consapevoli.

L’auto-consapevolezza è una funzione superiore che ci permette “uscire” dall’immedesimazione con il solito io condizionato, mettendoci in una posizione “esterna” che già fa fermare la proliferazione incontrollata. Il problema è di applicare a questo punto una vera e propria meditazione, capace di mettere tra parentesi l’attività mentale distraente e di mantenerci il più possibile calmi e distaccati. Ne trarremo un beneficio enorme per la qualità della nostra vita e del nostro stesso pensiero.

lunedì 8 novembre 2021

Imparare a guardare

 

Passato e futuro sono due bastioni che delimitano il nostro io, ma sono anche due trappole.

Il passato è pieno di ricordi che non sono più le esperienze fatte un tempo, ma una loro rievocazione mentale. Inoltre è pieno di rimpianti, se non altro perché è qualcosa che è stato perduto e rimane solo nella nostra memoria. Quanto al futuro, è un insieme di progetti, speranze, paure e preoccupazioni.

Entrambi condizionano la percezione del nostro presente, che viene influenzato profondamente e non può essere vissuto senza questi due pesi. Il risultato è che non siamo mai veramente a contatto con la realtà, ma con immagini e previsioni. In parole povere, è la nostra mente che filtra ogni esperienza.

Tra questi due fuochi, ci è difficile avere un approccio semplice, diretto e nudo con le cose. Più che a contatto con le cose, siamo a contatto con le nostre interpretazioni. Solo in rari momenti, in cui non ricordiamo e non facciamo previsioni, abbiamo sprazzi di libertà e riusciamo a tornare a ciò che sta veramente succedendo.

E a questo mira proprio la meditazione, che prima ci mette la pulce nell’orecchio e ci invita a vedere quanto siamo condizionati e poi ci invita a fare pulizie mentali per permetterci un approccio fresco con il mondo e con noi stessi. Interrompere ogni tanto il lavorio della mente è salutare e ci fa capire tante cose che altrimenti ci sfuggono.

sabato 6 novembre 2021

Coltivare la mente

 

In meditazione, non a caso si parla di coltivare la mente: la mente può essere coltivata proprio come si coltiva una pianta. Se curiamo entrambe attentamente e diamo loro la giusta acqua e del buon concime, cresceranno forti e felici.

Ma la mente-pianta può essere nutrita con concimi sbagliati e con acqua inquinata. In tal caso deperirà.

I concimi dannosi possono essere tanti: discorsi infondati, chiacchiere oziose, pensieri negativi, abitudini deleterie o messaggi disturbanti veicolati da libri, giornali, televisioni, radio, computer, telefoni, cinema, spettacoli, ecc.

Oltre a questi alimenti dannosi, ci sono l’incuria, la distrazione, il disinteresse.

Se non c’è un’attenta cura, difficilmente sfuggiremo al bombardamento dei messaggi e degli stimoli deleteri che ci colpiscono in continuazione. E tutto ciò andrà a detrimento del nostro equilibrio mentale, della nostra lucidità, della nostra indipendenza di giudizio.
       Prendiamo dunque coscienza del cibo che diamo alla mente. Le nostre società sono piene di odio, di rabbia, di invidia, di paura, di disperazione e naturalmente di sofferenza. E noi, se non abbiamo difese, ingurgitiamo tutto.

Come per il corpo scegliamo gli alimenti migliori, anche per la mente dovremmo selezionare gli input salutari e scartare i cibi velenosi o guasti.

Ogni tanto distacchiamoci dall’ambiente circostante e mettiamoci a purificare la mente, per esempio con la consapevolezza del respiro, che a sua volta risente di ogni stimolo e stato d’animo. Questa è anche una forma di igiene mentale, per disintossicarci.

venerdì 5 novembre 2021

Lo spazio interiore

 

Spesso chi non apprezza la meditazione nasconde una paura profonda di tornare a se stesso. È talmente alienato che è estraneo a se stesso e non vuole incontrarsi. Fa di tutto nella vita per stordirsi nel lavoro, nel chiasso, nelle preoccupazioni, nei viaggi, nel sesso, nell’alcol, nelle droghe e in mille attività distraenti. Ma, così facendo, dimostra di nascondere una sofferenza con cui non vuole confrontarsi.

Noi però siamo ciò che percepiamo e, se non percepiamo nulla, non siamo nulla. Se la nostra mente è affollata di parole e pensieri - dice Thich Nhat Hanh - non c’è spazio per noi.

E per incontrare se stessi, il silenzio è essenziale e anche l’immobilità. Per questo si medita in certe posizioni sedute o muovendosi poco. Ma la meditazione sui propri stati d’animo può avvenire sempre, dappertutto, fermi o in movimento e in qualsiasi posizione

Se tornasse Gesù

 

Ogni tanto qualcuno si diletta di fantareligione e si domanda che cosa succederebbe se tornasse qualche profeta del passato. È il caso di padre Enzo Fortunato che ha pubblicato il libro E se tornasse Gesù?

L’unica cosa certa è che non sarebbe cristiano.

Non si riconoscerebbe infatti in quella corrotta struttura faraonica che è la Chiesa cristiana. Non si riconoscerebbe in una Chiesa che non si è mai sognato di fondare e che ha ancora le strutture tripartite dell’impero romano. Non si riconoscerebbe in tutti questi sacramenti inventati. Si metterebbe a ridere pensando che sua madre, piena di figli, è stata scelta come simbolo della verginità. E, da buon laico qual era, non si riconoscerebbe in una struttura che è gestita da sacerdoti professionisti.

Che cosa pensasse dei sacerdoti di professione lo spiega bene la parabola del buon samaritano, dove il sacerdote è il solito ipocrita indifferente che non si cura dell’uomo ferito. Ma forse si metterebbe a piangere di rabbia quando si accorgesse che lui, sempre contrario alla religione dei sacrifici, è stato eletto “vittima sacrificale”, “agnello di Dio”. “Misericordia voglio e non sacrifici” andava ripetendo.

Oppure siamo noi che lo idealizziamo e invece lui si metterebbe ad accumulare denaro come fanno tanti preti, farebbe investimenti in immobili di lusso (magari a Londra), andrebbe a vivere in un palazzo sfarzoso come fanno i cardinali, sarebbe tutti i giorni in televisione come fa il Papa e si circonderebbe di bambini con cui divertirsi come fanno tanti sacerdoti.

No, Gesù non sarebbe cristiano.

giovedì 4 novembre 2021

Come osservare

 

Se non avete mai fatto meditazione, iniziate a seguire il respiro: dentro-fuori, inspirazione-espirazione, in-out… Imparerete che il respiro varia con il variare degli stati d’animo e che può essere riportato ad un ritmo lento. Placando il respiro, non sarete più in preda dei pensieri e degli stati d’animo mutevoli, ma sarete voi a condurre la danza. E avrete un nuovo punto di osservazione, da cui potrete vedere la nascita e la dissoluzione di tutti i fenomeni, da quelli esterni a quelli interni.

Imparerete anche che il respiro (come il corpo e la mente) non è vostro, ma vi è dato dalla natura. Però voi potete mettervi al di sopra e al di fuori della natura, ponendovi in un centro invisibile, calmo incondizionato. Questo è il vostro vero Sé.

In meditazione, noi percepiamo e mettiamo in funzione la nostra anima. La nostra anima non è qualcosa di estraneo o di straordinario, ma è esattamente la nostra vera natura. Che è sempre presente. Perciò...

Un mondo di passioni

 

Il mondo è in preda al caos, alla confusione e all’ignoranza. Se vogliamo aiutarlo, lasciamo perdere la ricerca dell’eccitazione e delle verità assolute ed esercitiamoci a rimanere tranquilli con mente distaccata. Sarà come un’isola di calma in mezzo alla tempesta.

Il nostro è il mondo delle passioni. Anche nel cristianesimo si parla della “passione di Cristo”. Ma passione significa patire, subire.

Coltiviamo un’unica passione: la passione delle non passioni.

L'equilibrio degli stati d'animo

 

In questo mondo instabile, in continua trasformazione e dialettico, di poche cose possiamo essere certi. Una di queste cose è che ogni felicità ci condurrà prima o poi all’infelicità, se non altro perché è impermanente. Se quindi cerchiamo uno stato permanente, dobbiamo uscire dal solito dualismo e ci dobbiamo volgere verso uno stato di pace, oltre la dialettica felicità-infelicità. Già oggi possiamo farlo allenandoci a non farci né esaltare quando le cose ci vanno bene né deprimere quando ci vanno male.

Sotto l'abito

 

Ciò che conosciamo di noi stessi, però, non è sufficiente. Ci vuole più saggezza: dobbiamo anche sapere che si tratta di una specie di abito che è stato messo addosso ad una nostra identità più profonda che ci sfugge. Non è che uno dei tanti abiti, condizionato e insoddisfacente, creato nelle vite precedenti dei nostri genitori e avi.

Noi non siamo il nostro vestito

La nostra vera identità, il Sé, sta sotto ogni abito e non cambia al cambiare degli abiti.

Quando comprendiamo questo principio, ci volgiamo al non condizionato. E lo cerchiamo spogliandoci dei vari strati sovrapposti.

mercoledì 3 novembre 2021

La conoscenza di sé

 

Secondo uno studio dell’Università di Harvard, siamo distratti per il 46,7 % del nostro tempo. Ciò significa che passiamo quasi la metà della vita a pensare a qualcosa di diverso da ciò che stiamo facendo. Evidentemente, per tutto questo tempo, ci annoiamo e non siamo presenti. Siamo alienati. Il che vuol anche dire che viviamo non in base ai nostri interessi, ma in base a esigenze e ad aspettative altrui.

Ma la conclusione più sconsolante è che non viviamo appieno la nostra esistenza.

Come possiamo, in queste condizioni, dirci felici? Se non rimettiamo al centro noi stessi e le nostre priorità, vivremo sempre come mezzi uomini, insoddisfatti e ansiosi. Sappiamo che la vita ci sfugge, ma non sappiamo come riprendercela.

Se non passiamo attraverso un sorta di meditazione sulle nostre vere esigenze, saremo sempre altri da noi stessi.

Non si tratta però di diventare egocentrici, ma di conoscere noi stessi. E non ci conosciamo se non guardandoci, osservandoci e studiando noi stessi. Come siamo fatti? Che cosa vorremmo? Che cosa ci manca?

 

martedì 2 novembre 2021

La via del non-fare

 

Adesso tutti si preoccupano della crisi climatica, dell’aumento delle temperature. E si agitano credendo di risolvere il problema facendo chissà che cosa. Ma è proprio l’ideologia dell’agitazione che ha creato questa situazione.

Se volete risolverla, dovrete imparare a non fare piuttosto che fare.

L'ideologia dello sballo

 

I più non sanno che farsene della tranquillità: è triste, ma è così. Cercano l’eccitazione, l’emozione, l’attività frenetica, il piacere, l’amore passionale, la gioia estatica. Tutto meno che la calma. Basta vedere tanti giovani che si riuniscono per bere, drogarsi e fare sesso.

Però, anche se credono che la vita debba essere uno sballo continuo, non sono affatto felici. Più che altro cercano di dimenticare, di stordirsi.

Quando è così, vuol dire che non stanno affatto bene; al contrario, sono sofferenti. C’è qualcosa che li fa soffrire. E loro cercano di evadere.

Il nostro è un mondo di agitazione e di confusione. Quasi tutti credono che la vita vera, la vita piena, sia stordimento e movimento continuo. Ma, se lo credono, vuol dire che partono da una condizione di sofferenza e tutto ciò che fanno non migliora affatto la situazione.

Infatti l’agitazione crea sempre stati d’animo dolorosi, cui si cerca di rimediare aumentando il livello e il numero degli stimoli. Ma è un’illusione. Perché l’escalation porta solo ad aumentare la sofferenza.

I più pensano che il senso della vita e anche il paradiso debbano essere uno sballo continuo. Che delusione avranno quando scopriranno che è uno stato di pace.

 

lunedì 1 novembre 2021

La punizione degli ignoranti

 

Avere presenza mentale significa essere consapevoli dei propri impulsi, dei propri pensieri, dei propri stati d’animo, dei propri desideri e delle conseguenze delle proprie azioni, per rendersi conto di che cosa ci fa bene e di che cosa ci fa male, di che cosa ci agita e di che cosa ci calma.

È un osservarsi per sfuggire agli atti ripetitivi. Non è una questione di morale, ma di benessere. Se io sto bene o sto male quando faccio questo o quello, posso trarre le conclusioni da me – non ho bisogno di un decalogo dettato da qualche suprema Autorità divina.

I criminali, i prepotenti, i cattivi, gli ignoranti sono le prima vittime del proprio comportamento, perché vivono sempre tesi, preoccupati, nervosi, paurosi, aggressivi. Non c’è bisogno che vadano all’inferno. Stando male con se stessi, devono ricorrere ad alcool, droghe ed eccitanti fisici e mentali per evitare di vedere come si sono abbruttiti.

La vita non è nient’altro che i nostri stati d’animo.

La personificazione

 

La personificazione è un processo degenerativo degli esseri umani troppo ingenui.

Chi crede in Dio tende a personificarlo in un Essere specifico, una specie di uomo all’ennesima potenza da amare e che ci ami, un personaggio che ci sia padre o madre e che ci protegga.

Ma è ridicolo pensare che la verità ultima ci ami o debba essere amata.

La verità-realtà non è una persona, ma uno stato d’animo che si può cogliere in ogni momento.

In effetti la verità è semplice, ma poi le religioni e le filosofie la ingarbugliano e confondono le menti degli uomini.

La pace qui e ora

 

Una differenza fondamentale tra religioni teiste e meditazione è che per le prime, il “regno dei cieli” si trova sempre in un altro posto, mentre per la seconda la verità ultima è sempre presente e può essere colta qui e adesso. Per le prime, per conoscere Dio e il suo regno, bisogna prima morire; per la seconda, basta guardare profondamente.

Inoltre, per la meditazione, non bisogna mettersi a pregare e a supplicare Qualcuno perché ci perdoni peccati ed errori; basta guardarsi con consapevolezza. La pace è già dentro di noi; non c’è bisogno di “sballarsi” o di essere assunti in cielo per trovare la beatitudine.

Non c’è qualcuno che ci rivela la verità e che ci salva. La salvezza è una questione di esperienza diretta.

Non c’è bisogno di avere una fede in qualche divinità e di aspettare la morte. Il risveglio è un atto immediato e sempre disponibile.