sabato 30 aprile 2022

Chi sono?

 

Quando cerco me stesso non mi trovo, questo è il problema. Ho solo un vago senso di presenza, ma non di più. Guardandomi allo specchio, vedo una figura… che mi piace poco. Quella sono io? O è solo un’apparenza? Guardandomi in giro, vedo esseri con due gambe, due braccia e una faccia… che mi piacciono poco. Allora deduco che anch’io sono fatto così. E non sono contento. Per lo più sono brutti e non mi dicono molto. Anch’io sono così? Una delusione, un poco schifosi…con sangue, ossa, feci, liquidi d’ogni genere… credevo meglio.

Posso dedurre di essere anch’io così, ma la deduzione è mutevole e provvisoria, e sinceramente mi convince poco. La mia sensazione dice che mi vedo così, ma che non sono così. Io sono la sensazione di essere che si traduce di volta in volta in una forma deludente, in qualcosa che non è all’altezza delle mie speranze.

Ho l’impressione che non ci sarà mai una coincidenza fra ciò che sento e ciò che vedo. Sento che il mio vero essere sarà sempre superiore a qualsiasi immagine, e che un giorno mi sveglierò da questo incubo e scoprirò veramente chi sono.

Nel frattempo mi tengo stretto a questa sensazione di essere… di essere meglio.

Mi sono temporaneamente identificato con questa brutta immagine, per nn creare difficoltà, per quieto vivere. Ma sento che non lo farò per molto.

Forse questa immagine che cerco è il Volto Originario che, secondo i maestri zen, avevo prima di nascere e in verità prima che nascessero i miei genitori e i genitori dei miei genitori e così via. Forse non è neppure una forma, una delle solite che vediamo in giro.

Forse è una mancanza di forma, una non-forma. Non ho le parole per dirlo.

venerdì 29 aprile 2022

Un Dio antiquato

 

Credere in qualche divinità non fa la differenza se non si è sviluppato il senso critico, ovvero la consapevolezza. Vediamo il caso di Putin che si va vedere in Chiesa e nello stesso tempo ordina massacri in Ucraina. Il fatto   è che ognuno può avere una propria immagine di Dio. Per Putin sarà probabilmente un dittatore in grande, che può creare e sterminare chi vuole e protegge prima di tutto la Russia.

Evidentemente esistono vari livelli di evoluzione e quindi vari uomini. C’è chi è rimasto ancorato a valori etnici e mitologici, che mirano alla politica di potenza, alle conquiste territoriali, al patriarcato e al narcisismo. Questo è Putin: un uomo vecchio, un uomo non evoluto, che crede nell’assolutismo e nella forza militare, e che è disposto a uccidere chi gli si oppone.

Lui non sa niente di valori ecologici, di evoluzione, di parità di genere, di unità dei viventi, di una divinità interiore, di pluralismo e del Testimone spirituale. E, con lui, milioni di altri uomini che sono rimasti a livelli arcaici di evoluzione.

Questo è il problema. Che sullo stesso pianeta convivono esseri umani con un livello di crescita differente, e che molti sono rimasti molto indietro.

Per questi individui, credere in Dio non serve a nulla perché sarà un Assoluto arretrato come loro, immaginato secondo i parametri del vecchio Dio biblico che proteggeva un solo popolo e guidava gli eserciti alla immancabile vittoria.

Purtroppo, non si può fare nulla per illuminare in maniera più completa questi uomini. Ma, visti i loro risultati, urge diffondere la pratica della consapevolezza a tutti.

giovedì 28 aprile 2022

Capire la meditazione

 

Fra le varie tradizioni meditative, la più semplice ma anche la più essenziale è quella dello Zen. Che in realtà è di origine buddhista, ma di un buddhismo proveniente dalla Cina (chan). Il Fondamento di ogni cosa è già dentro di noi e può essere trovato guardando direttamente, senza parole e senza pensieri, il Testimone silenzioso, cioè il Volto Originario che avevamo prima che nascessero  nostri genitori.

       È lì da sempre, perché è fuori dal tempo e immutabile, non nasce e non muore, è sempre nell’Ora, è Soggettività Assoluta, quindi non può essere trovato come un oggetto qualsiasi, ma si può solo esserlo, quando si dismette ogni volontà di acquisizione, ogni desiderio, ogni concetto.

       Nulla da raggiungere. Nulla da ottenere. Questo è tutto.

       Di fatto, questo potrebbe essere il manifesto di ogni tradizione meditativa, depurata delle varie concettualizzazioni.

Per fare Zen, dobbiamo spogliarci di ogni attività mentale e stare seduti senza far niente.

Ma proprio questo è il difficile. Perché siamo abituati a fare o a pensare qualcosa.

Comunque, per capire la meditazione bastano poche parole e nessun gesto. Non ci sono scuse.

martedì 26 aprile 2022

Le tradizioni contemplative

 

Nei tempi passati, il cristianesimo aveva parecchi centri di meditazione e di contemplazione. Basti citare il caso di santa Teresa d’Avila e san Giovanni della croce. Questi mistici cristiani sostenevano che si potesse avere un rapporto diretto con Dio e che quindi tutti fossero potenzialmente “figli di Dio”.

       Questo però contrastava con il dogma che ci fosse un unico “Figlio di Dio” e che si dovesse ricorrere all’opera mediatrice della Chiesa attraverso gli appositi sacramenti e rituali. Se ognuno avesse potuto avere un rapporto diretto con Dio, sarebbe venuta meno proprio la funzione della Chiesa. Così a poco a poco furono chiusi i centri in cui si insegnava a meditare e i mistici e i movimenti contemplativi furono perseguitati.

       In conclusione, oggi non esiste più una tradizione contemplativa e i fedeli sono invitati a non fare da soli e ad affidarsi a credenze formali, a rituali standardizzati, a codici conformistici e a interpretazioni mitiche e letterali dei testi sacri.

       Questo pone un grave problema spirituale alla crescita del cristianesimo, che oggi si riduce a una credenza di dogmi. Manca la dimensione spirituale che vivifichi la religione. Non c’è più lo spirito, ma solo la lettera.

       Ecco perché chi ha voglia di meditazione e di ricerca spirituale deva rivolgersi ad altre tradizioni, in particolare a quelle orientali, dove invece si invita il fedele a non credere sulla parola, ma esperire direttamente, senza mediazioni, la propria identità spirituale, che è già “dentro di sé”.

lunedì 25 aprile 2022

La concezione di Dio e l'autoritarismo

 

Non so se vi è sfuggita la notizia della partecipazione di Putin alla celebrazione della Pasqua ortodossa tenutasi a Mosca per opera del patriarca Kirill nella cattedrale del Cristo Salvatore. Questo scredita del tutto non solo il cristianesimo ortodosso, non solo il cristianesimo in generale, ma la religione con il suo Dio e la sua Chiesa. Qualunque cristiano, qualunque fedele, può dire che la sua fede appoggia questo o quel disegno politico-militare, senza che si possa obiettare nulla, perché nessuno può dire quali siano le vere intenzioni di un Dio del genere. Vorrà la pace o vorrà la guerra?

       Non ci sarebbe da stupirsi che volesse la guerra perché già nella Bibbia si dice che Dio appoggiava certe guerre degli israeliti raccomandando che si sterminassero accuratamente uomini, donne, bambini e animali. È quello che fa anche Putin, che è andato in chiesa per chiedere a Dio di proteggerlo e di aiutarlo a sterminare gli ucraini.

       Il fatto è che se si concepisce Dio come una persona, gli si può attribuire qualunque volontà umana, anche la più sanguinaria.

       Se Dio viene concepito come il Signore del cosmo, può agire come un qualunque despota.

       Dal suo punto di vista, Putin ha ragione nel concepire Dio come un macellaio. Non ci uccide tutti? Dunque, è un assassino.

       A queste conclusioni paradossali può arrivare chi concepisce Dio come un Creatore e un Dominatore. Anche san Paolo lo concepiva così, tanto che sosteneva che Dio avrebbe protetto qualsiasi autorità terrena. C’è quindi una continuità tra l’idea di Dio e quella dell’autoritarismo. Finché ci sarà  questa concezione –e non quella di un’evoluzione creatrice impersonale – ci saranno anche i dittatori terreni – di qualunque religione - che si sentiranno protetti da Dio.

Le esperienze di satori e la realtà

 

Non basta una comune esperienza di satori per capire tutte le cose. Ci sono grandi illuminati che hanno continuato ad avere idiosincrasie e preferenze personali. È il caso del Buddha che all’inizio era contrario all’ingresso delle donne nel suo sangha.

Il problema è che esperienze d’unione cosmica o di scoperta  dell’essenza del tutto possono non incidere sui pregiudizi psicologici e sociali. È necessario un lungo lavoro di ripulitura (purificazione) dei luoghi comuni e dei condizionamenti ancora presenti.

Bisogna anche tener conto della cultura, del linguaggio e del livello di autocritica del soggetto.

Ci sono anche stati grandi mistici che hanno continuato a ripetere opinioni, punti di vista e limitazioni della cultura del loro tempo.

Il fatto è che un’esperienza di satori non illumina tutti i punti di una personalità, ma solo alcuni. Quando poi si ritorna alla normalità, è tutto un altro discorso.

Prima di raggiungere una mente matura, ci vuole  un’opera di crescita individuale, basata sull’autosservazione e il giudizio critico. Molto più importante di una sola esperienza di illuminazione.

Bisogna soggiornare a lungo nella posizione del Testimone e nell’esperienza non-duale per capire come stanno veramente le cose.

 

venerdì 22 aprile 2022

Le esperienze di illuminazione

 

Le esperienze di illuminazione o di chiara visione non sono affatto rare. Accadono a uomini di religione o a laici, e sono esperienze in cui all’improvviso ci si sente uniti a tutto il modo. Abituati a considerarci individui separati, ci  accorgiamo di essere parte integrante con il tutto. Sono esperienze di totalità, di universalità, di unità e di completezza.

Ma sono anche diverse, a seconda della profondità. del tempo, della cultura e dell’interpretazione che si dà loro. In altri termini un’illuminazione avvenuta tremila anni fa è diversa da quella che avviene oggi. Un’illuminazione avvenuta in un contesto religioso è diversa da quella avvenuta in un contesto laico. Un’illuminazione avvenuta in una religione è diversa da quella avvenuta in un’altra religione. Un’illuminazione avvenuta a una persona semplice e non istruita è diversa da quella avvenuta a una persona colta.

Il problema è che, quando si riferisce questa esperienza, si utilizza il linguaggio e la cultura di appartenenza. Una monaca cristiana dirà, per esempio, di aver incontrato Gesù o la Madonna, un maestro zen di aver sperimentato il Vuoto, un musulmano di aver visto il Profeta o Allah, un induista di aver visto Krishna o Vishnù., uno scienziato di aver visto l’essenza del cosmo, e così via.

Inoltre bisogna vedere se lo sviluppo evolutivo dell’individuo è ancora quello mitico-religioso o razionale. Ognuno tenderà a interpretare l’esperienza in modo più o meno approfondito. Un religioso dirà di avere visto una figura della sua religione, un laico razionalista o ecologista dirà di aver capito l’unità dei viventi.

In Giappone si usano due parole, kensho e satori, per indicare forse esperienze diverse, di profondità differenti. Si usa una gran varietà di termini anche nel buddhismo e nel vedanta.

Ci si può riferire o a un’esperienza di unità o a un’esperienza dell’essenza. E anche in quella di unità si può distinguere un’unità in se stessi, con se stessi, un’unità con Dio o un’unità fra soggetto e oggetto. A questo proposito dobbiamo anche inserire l’esperienza tantrica fra il maschile e il femminile, come se l’orgasmo fosse un’illuminazione alla portata di tutti.

Insomma tutti possiamo avere un’esperienza d’illuminazione.

Nel nostro paradigma parliamo spesso di un’intensa consapevolezza o dell’esperienza della presenza mentale, ossia di una testimonianza del nostro essere che rimane sempre nel presente.

giovedì 21 aprile 2022

Essere nel presente

 

Quando cerchiamo di cogliere noi stessi, il soggetto primo rimane sempre imprendibile, perché ciò che otteniamo è un semplice oggetto. Però abbiamo sempre la sensazione che ci sia un Testimone che osserva il nostro sforzo. In altri termini, non riusciamo a coglierci come soggetti, ma sappiamo che il soggetto è sempre presente sotto forma di testimonianza. Ebbene alcuni mistici sostengono che questa Testimonianza sia proprio il soggetto primo, quello che è sempre prima di ogni possibile sé conosciuto.

Questo soggetto è sempre attivo anche quando sogniamo. Il sé che conosciamo nei sogni non è il solito sé dello stato di veglia; è quasi sempre diverso. Ma noi abbiamo la sensazione che siamo comunque noi stessi. Dunque ciò vuol dire che qualcosa continua a testimoniare noi stessi. Ed è il Sé primo o ultimo, quello che è sempre presente senza poter essere conosciuto.

Quando cerchiamo di conoscerci (ho questo corpo, sono alto tanto, ho questi genitori e parenti, ho fatto queste esperienze, ho fatto questi studi, ho questo carattere, ecc.), quello che conosciamo è il nostro sé concreto, attuale, ma dobbiamo aggiungere che di lui siamo sempre coscienti, anche in stati alterati di coscienza, anche durante i sogni.

Ora ciò che è sempre cosciente è un Testimone, una Soggettività pura, che osserva sempre. Qui il “sempre” significa che è sempre presente, anche quando non cerchiamo di coglierlo. È la Testimonianza pura. Non possiamo coglierlo direttamente (altrimenti sarebbe un oggetto), ma è ciò che coglie, che è sempre consapevole del nostro essere.

Questo esercizio di “presa di coscienza” del Testimone va ripetuto continuamente, fino a convincerci che la nostra vera identità non è il sé concreto con cui ci identifichiamo abitualmente, ma “quel” Testimone. È ciò che i maestri dello zen chiamano il “Volto originario che esisteva prima dei nostri genitori”. Oppure è ciò cui alludeva Gesù quando diceva; “Prima che Abramo fosse, Io ero”.

Se si nota, questo Sé esiste nei sogni, seppure in forma distorta, e durante il sonno profondo, senza sogni, perché quando ci svegliamo è sempre lì a compiere  la sua testimonianza.

Questo Sé esisteva “prima” non perché fosse eterno, ma perché si trova nel presente che è al di fuori del tempo. Come diceva Wittgenstein, “se attribuiamo all’eternità non il senso di una perenne durata temporale, ma l’essere senza tempo, la vita eterna appartiene a quelli che vivono nel Presente.”

martedì 19 aprile 2022

L'evoluzione della coscienza

 

Poiché nell’essere umano sopravvivono e convivono tutti i precedenti elementi del processo evolutivo (appartenenti a piante, pesci, anfibi, rettili, primi mammiferi, primati, ecc.), sopravvivono e convivono anche gli elementi psicologici delle tappe evolutive della mente: quella arcaica, quella magica, quella mitica e quella razionale. Ogni volta nel neonato vengono ripercorsi tutti questi stadi. Ma non tutti giungono all’ultimo stadio. Qualche volta ci si ferma a uno stadio precedente, o comunque uno stadio più arcaico riaffiora anche nell’individuo più evoluto.

Ogni stadio è più evoluto, più comprensivo e più consapevole del precedente, finendo per trascendere i valori egocentrici, narcisisti, nazionalisti, fondamentalisti che hanno dato origine nel passato a impulsi ad ottenere potere, successo, ricchezza, dominio fisico, dominio psicologico, dominio sessuale, dominio politico, conquiste territoriali e religioni basate sull’assolutismo, sull’ubbidienza, sul potere magico e sulla mitologia.

Questo processo evolutivo che non si ferma mai ha dato oggi origine a pratiche di meditazione e contemplazione che a poco a poco sostituiranno le vecchie pratiche dell’adorazione di una Autorità divina e il loro relativo conformismo. Sta venendo alla luce un ego più comprensivo e più consapevole che vede in Dio non più un Essere specifico, onnipotente e onnisciente, ma la Totalità. Non più un Essere singolare, una specie di monarca assoluto, ma il Dio che è presente in ciascun essere vivente.

Non c’è bisogno di fondare una nuova religione, con dogmi e principi che escludono quelli delle altre religioni, ma di sviluppare una consapevolezza che, essendo cosciente degli stadi precedenti, ne sarà libera. Si tratta di osservare, di disidentificarsi e di trascendere, fino ad avvertire un immenso senso di liberazione.

 

lunedì 18 aprile 2022

Le trappole del pensiero

 

Parlare di Dio come forza o energia primaria è ancora insufficiente. Ci si potrebbe domandare da dove o da chi proviene tutta questa forza o energia. Così ricadiamo nell’antropomorfismo e quindi nel condizionato. La verità è che qualsiasi cosa diciamo nel nostro limitato linguaggio è manchevole. Avevano ragione i filosofi della teologia negativa quando sostenevano che di Dio non si può dire ciò che è, ma solo ciò che non è. Tutto il resto è un prodotto condizionato.

Il guaio è che i fedeli vogliono parlare di Dio e con Dio. Vogliono definirlo. Ma come si fa a definire l’infinito? Significa limitarlo, farne un oggetto di pensiero che rientri nelle nostre categorie.

Forse hanno ragione certi  maestri dello zen quando rispondono, interrogati sulla natura ultima, che è il Vuoto. Ma anche qui si usa un termine insufficiente, perché può intendersi come il Vuoto in quanto contrapposto al Pieno.

Niente. Meglio non dire niente, meglio non pensare  niente, perché si ricasca sempre nel vizio originale di usare categorie umane.

Ma noi vogliamo sapere che cosa sia Dio perché vogliamo sapere che cosa sia giusto e sbagliato. Vogliamo regole di comportamento, vogliamo un senso. E così ricadiamo nel dualismo, nell’antropomorfismo e nel mitologico. Dio è il bene, e il male è il Diavolo, l’Antidio. Stiamo balbettando, stiamo attribuendo alla Trascendenza un volto umano… certamente insufficiente.

Dio è inaccessibile al pensiero, alla ragione e al sentimento. Perciò quando vedo i sacerdoti eseguire i loro riti o i credenti affermare che Dio vuole una certa cosa, vengo preso da sconforto. Gli uomini credono di sapere, ma non sanno.

Se Dio fosse solo pace e amore, e se fosse una persona, non avrebbe creato questo mondo e interverrebbe quando gli uomini sbagliano. Cosa che non è.

Aveva ragione il Buddha quando rispondeva con un “nobile silenzio” quando gli venivano rivolte domande su Dio.

sabato 16 aprile 2022

Dio come forza

 

Personalizzare Dio come Padre, Madre o Figlio è ancora una forma di infantilismo religioso che è però un errore comune. Un tempo erano le forze della natura o della psiche che venivano personalizzate e divinizzate, e così nascevano i vari dei che venivano adorati. Nelle città romane, per esempio, c’erano splendidi templi dedicati a Giove, Venere, Marte, Giunone, Vulcano, ecc., e i fedeli vi si recavano per implorare questo o quel Dio. Poi, con il passare del tempo e l’avvento del cristianesimo, questi dei scomparvero e furono sostituiti da un unico Dio, che però poteva essere adorato sotto forma di Padre, di Madre, di Figlio, di Spirito Santo o di una pletora di santi.

Insomma siamo ancora al politeismo che permette ai fedeli di credere di rivolgersi a questo o quel Dio o santo. In realtà non si rivolge proprio a nessuno perché si tratta ancora di figure antropomorfe, nate dal bisogno di concepire Dio come Persona e di stabilire con lui un’illusoria relazione di cura.

Ancora oggi ci si rivolge alle divinità per chiedere un aiuto.

Ma questo aiuto non è visibile, con grande scorno di chi prega. Per esempio, oggi si prega per la fine dell’epidemia e della guerra, come se ci dovesse essere un interessamento e un intervento di qualche Dio.

Purtroppo Dio non si preoccupa degli uomini nel senso in cui noi ci preoccupiamo di un altro. Non si vedrà mai un Dio intervenire a fermare una guerra o a far venire un colpo all’aggressore.

Ciononostante gli uomini continuano a far processioni e a pregare, come se potessero convincere il loro dio o il loro santo a intervenire nel mondo.

Ma concepire Dio in tal modo è certamente un’illusione e dimostra un mancato approfondimento della natura divina. Dio non è un Padre, ma al massimo un’energia, una forza, che non ha un rapporto personale con le creature e che non può essere convinto da una preghiera a comportarsi come ci comportiamo noi.

Se noi fossimo Dio, interverremmo con una spada sul campo di battaglia, proteggeremmo i buoni o puniremmo i cattivi. Ma questo non succede mai e non può succedere, perché Dio non è una persona.

Sono stati i cristiani (e oggi tutti i contendenti sono cristiani) a imporci questa falsa immagine di Dio. Ma oggi vedersi in una relazione padre-figlio con Dio è non poter crescere spiritualmente, è avere una conoscenza limitata, è essere condizionati da una vecchia concezione religiosa.

Sono gli uomini che, anziché rivolgersi a divinità esterne, dovrebbero suscitare in sé quella forza divina che è in loro e proteggere il mondo.

venerdì 15 aprile 2022

Una religione semplicistica

 

Non so se avete notato le diverse opinioni dei vari leader religiosi sulla guerra in Ucraina. Il capo della Chiesa ortodossa di Mosca appoggia l’invasione e il genocidio delle truppe russe, mentre il capo della Chiesa ucraina difende gli ucraini. Quanto al Papa, si barcamena col suo solito stile ambiguo, condannando la guerra per principio; essendo anche un capo politico, non può inimicarsi Putin. Quindi ci asfissia in televisione esponendo per Pasqua alcuni racconti dei Vangeli.

Così vien fuori un pensiero debole debole, molto infantile, fatto di Babbi e di Mamme celesti.

Eppure sono tutti cristiani.

San Paolo si domandava in una delle sue lettere: “Cristo è stato forse diviso?”

Sì, evidentemente. Ognuno lo interpreta a modo suo, non riuscendo a superare nemmeno il nazionalismo. Del resto, questa è una vecchia storia. I cristiani si sono divisi nel corso della storia proprio perché incapaci di superare le distinzioni nazionali.

Questo succede perché il cristianesimo, con i suoi Iddii e i suoi santi, è solo l’ultima forma del paganesimo antico, inadeguato a capire che cosa sia la vera trascendenza, senza padri, madri e figli divini.

mercoledì 13 aprile 2022

Corpo e spirito

 

Nel campo della spiritualità d’ogni tempo e d’ogni luogo c’è l‘idea che esista un’anima già completa e perfetta che, per qualche strano motivo, ad un certo punto si incarna in un corpo umano. Una vera e propria caduta o un errore. Da quel momento l’anima aspirerebbe a ritornare alla propria vera natura, liberandosi del corpo.

Ma non si capisce come un’anima così evoluta possa fare l’errore di cadere in un corpo. Forse il mondo dei puri spiriti non è tanto soddisfacente? A questo alludono certi miti sugli angeli decaduti. Evidentemente non erano così felici nel mondo dei puri spiriti a contatto con Dio.

 Quindi è più probabile che l’anima sia il prodotto del corpo, una vera e propria sublimazione. Poiché il corpo dà origine a una mente, questa mente, nel suo livello più elevato, può essere considerata la parte spirituale,  che aspira, attraverso una sempre maggiore consapevolezza, a farsi anima. Quindi, non si tratta di un’anima perfetta che decade, ma di una materia che desidera raffinarsi sempre di più, aspirando addirittura a dominare la materia.

Oltretutto, se la materia arrivasse a essere così potente da farsi anima, non si vede come potrebbe desiderare di tornare indietro. Sarebbe un errore, anzi sarebbe impossibile. Chi desidera tornare a essere povero dopo che sia diventato ricco?

Perciò lavoriamo per essere sempre più intelligenti e consapevoli, fino ad arrivare a dominare il corpo. Ma non dimentichiamoci che non possiamo eliminare o trasformare la materia. L’essere umano è questa combinazione di corpo e mente. Il problema è semmai quello dell’armonia, non quello della prevalenza di un’anima.

La mente rimane pur sempre un prodotto della materia, non di un fantastico spirito. Se all’origne ci fosse un puro spirito, la materia semplicemente non esisterebbe.

Dunque, chi medita non deve mai trascurare il corpo e pensare di diventare un puro spirito. La morte è lì a falciare ogni illusione spiritualista. Se bastasse la morte a farci diventare tutti puri spiriti, rimarremmo tutti morti. Che bisogno ci sarebbe di un corpo?

lunedì 11 aprile 2022

Il cibo della mente

 

La meditazione può anche essere considerata un metodo per vivere meglio, alla pari di altre discipline che prendono in considerazione il corpo e la mente per mantenerli in forma. Può essere vista come una forma di nutrimento, senza il quale non è possibile acquisire energia.

L’energia è il carburante del nostro fisico, tant’è vero che in una upanisad il cibo viene considerato una divinità. In termini moderni, infatti, dobbiamo dire che il cibo-energia è la base che permette la vita.

A tal proposito, un uomo che ha la capacità di preparare un cibo sano e gustoso ha certamente una grande virtù. È un benemerito.

“Lasciate che il vostro cibo sia la vostra medicina e a vostro medicina sia il vostro cibo” diceva Ippocrate.

Ma non ci deve occupare solo del cibo fisico per assicurarci una vita felice. C’è anche quello che assorbiamo a livello sensoriale. E qui incominciano i guai. Perché non solo il cibo fisico può essere di pessima qualità. Anche il cibo delle impressioni sensoriali.

Nelle nostre società siamo sottoposti a un bombardamento continuo di informazioni e di stimoli sensoriali che possono essere considerati nocivi. Per esempio, quando c’è un’epidemia, un disastro o una guerra, i mass media non trasmettono altro, con la conseguenza che ci riempiono di messaggi negativi.

Ebbene, dobbiamo difenderci proprio da questo tipo di stimoli, che fanno male alla nostra psiche, al nostro equilibrio e alla nostra salute.

Dobbiamo quindi evitare di assistere passivamente a certe notizie, a certi messaggi, a certi spettacoli. Usiamo la consapevolezza per distinguere e selezionare. Eliminiamo l’eccesso, portiamo l’attenzione su altri stimoli. Chiediamoci se certe impressioni sensoriali siano utili alla nostra serenità e alla nostra pace.

“La conoscenza è cibo” Vasugupta.

sabato 9 aprile 2022

La meditazione per vincere i condizionamenti

 

Non fatevi ingannare dalla tradizione – lo dice perfino il Buddha nel suo discorso ai Kalama. Per meditare non c’è nessun bisogno di posizioni particolari: quelle in cui viene raffigurato il Buddha in tante statue e che vengono da antiche tradizioni yoga. Noi occidentali non abbiamo bisogno di sederci per terra a gambe incrociate.

Per essere consapevoli non c’è bisogno di alcuna posizione specifica. Si può stare benissimo seduti su una sedia o su una poltrona molto più comoda. Si può anche stare in piedi. Ci si può anche muovere. L’importante è la consapevolezza, cioè il fattore mentale.

Per esempio, la mattina, appena alzati, ci si può sedere su una poltrona e lì portare la consapevolezza al fatto di respirare, di essere vivi, di avere un’altra giornata davanti a sé. Poi ci si può concentrare sul tipo di respirazione che abbiamo e sul corpo, per notare eventuali tensioni e dolori. Quindi si può fare un pieno di energia e di vitalità per l’intera giornata.

Quindi ci si può concentrare sugli stati d’animo, per scoprire quelli più negativi e sostituirli con quelli più positivi.

Basta questo a dare una svolta ai nostri pensieri, portandoli alla fine verso una visione più vera e più profonda di noi stessi e della realtà. Si possono scoprire cose molto interessanti e vere: l’impermanenza, il fatto che tutto cambi incessantemente, il fatto che le cose siano collegate fra di loro, i condizionamenti ( cioè i limiti) che tutti abbiamo, l’inesistenza delle divinità, la magia indifferente della vita, l’inevitabilità della morte, eccetera eccetera… Lasciamo perdere ciò che si dice in giro, i tromboni che credono di avere qualche autorità, i miti con cui occultiamo la verità, i libri sacri, le religioni, i comandamenti, il sacro, ecc., e fidiamoci soltanto di ciò che sperimentiamo personalmente.

Ricordiamoci che coloro che comandano nelle nostre società hanno sempre l’interesse a farci credere in cose che confermano la loro posizione di privilegio, ma che ci rendono essere ubbidienti, condizionati e sottomessi.

La verità – trovata da voi stessi – vi renderà liberi.

venerdì 8 aprile 2022

Un solo momento

 

Non è facile avere e mantenere la vera presenza mentale, perché, mentre siamo sicuri che il corpo è sempre presente quando ci sediamo in meditazione, la mente può essere altrove, lontana mille miglia. Quindi l’atto di sedersi in meditazione deve per prima cosa rivolgersi alla consapevolezza di essere lì in quel momento. “Io sono qui, io sto respirando, io sono vivo e io sono presente con il corpo e con la mente. Di solito ci si concentra sul respiro proprio per questo motivo, perché il respiro è sempre vivo e sempre presente, è un collegamento fra corpo e mente e può occupare per un istante la mente, scacciando ogni altro pensiero.

Inspirando ed espirando, sono consapevole che il respiro ha una certa qualità: è lento, è veloce, è tranquillo, è affrettato, è lungo, è breve… Non solo sono consapevole del mio respiro, ma sono concentrato e unificato. Per un momento sono libero da ansie e da paure, e posso rilasciare le tensioni, favorendo una certa calma. E la calma mi dà un senso di benessere.

Se ho qualche dolore, me ne posso liberare, almeno temporaneamente. E questo mi pone la questione dei miei pensieri, degli stati mentali, che influenzano enormemente la mia salute e la mia vita. Così divento più consapevole della mia situazione e posso lasciar andare atteggiamenti negativi per la mia serenità.

Un solo momento di consapevolezza o presenza mentale non serve ovviamente a modificare condizionamenti antichi, preoccupazioni derivanti dal passato o dal futuro e tensioni del presente, ma serve a farmi capire come esiste una possibilità di liberazione dalla sofferenza.

mercoledì 6 aprile 2022

Un'eredità difficile

 

Nascere su questa Terra significa condividere un’origine e un destino comune. Anche se siamo individui separati, abbiamo un patrimonio genetico che proviene dal passato, dai nostri antenati, con il quale dobbiamo fare i conti, nel bene e nel male. Siamo esseri aggressivi, avidi, pieni di desideri, insoddisfatti, egocentrici. Questo è il punto: per essere davvero esseri originali, non possiamo accettare tutto. Una parte della nostra eredità o karma deve essere accettata e un parte negata e superata. Questo fa di noi esseri in eterno conflitto interiore.

Spesso non sappiamo perché siamo tanto infelici – è un’eredità che viene dal passato. E non sappiamo perché abbiamo una certa dote - anch’essa viene dal passato.

Ciò significa che ogni nostra migliore intenzione viene spesso sabotata da atteggiamenti che remano in senso contrario. Questi atteggiamenti possono venire dal passato ma anche da un atteggiamento negativo collettivo. Per esempio, se ci sono azioni di guerra che suscitano rabbia, quella rabbia coinvolge anche noi. Il mondo ci influenza e noi influenziamo il mondo.

Cercare dunque la felicità, la pace o l’illuminazione non può essere solo un compito individuale. Ci vogliono anche un’eredità e una partecipazione. Ecco perché è così difficile.

L’eredità dell’uomo purtroppo trascina la sua origine ferina, ed è contro questo che dobbiamo lottare.Lotteremo per noi e per il nostro destino.umano.

martedì 5 aprile 2022

Il potere della non-mente

 

La conoscenza cui ci riferiamo in meditazione non è qualcosa cui si contrappone l’ignoranza, ma un recedere indietro, un abbracciare complessivamente, un vedere no stessi e gli altri, con uno sguardo che contempla i giudizi e i pregiudizi, i luoghi comuni e il pensiero mitologico, e se ne stacca completamente.

In meditazione ci si siede con questa ampiezza di visione e si vede l’insieme, che dà una conoscenza intuitiva e sintetica, lontana dalla conoscenza abituale. Non è la mente il vero soggetto, ma la non-mente, l’altrove della mente logica e dualistica, l’insieme non mentale che ci compone.

Noi tutti, pur essendo sé separati, siamo costituiti da elementi comuni – l’aria, il sole, la luna, le stelle, la terra, l’energia, l’universo… abbiamo dunque un “aldilà della mente separata” che è in grado di contemplare ed essere il tutto.

Con questa dobbiamo sederci in meditazione, non con l’altra che è piena di pregiudizi

lunedì 4 aprile 2022

Le mani nude del Papa

 

Inutilmente il Papa predica, inutilmente invoca, inutilmente fa appelli, inutilmente prega, inutilmente consacra Russia e Ucraina alla Madonna. Tutti i suoi santi e le sue divinità non servono a nulla, perché sono invenzioni della mente umana – questa è la dimostrazione.

Non si è mai visto un Dio scendere su un campo d battaglia a fermare la guerra. Eppure sono tutti cristiani quelli che combattono, eppure si rischia l’estinzione del genere umano.

Contrariamente a quel dicono i cristiani, mai nessun Dio è sceso sulla Terra e si è interessato alla sorte di queste folli scimmie. L’unica debole forza è la nostra stessa consapevolezza. Che altre prove volete?

L'ascolto profondo

 

Sembra incredibile, ma l’uomo è l’unico essere vivente che non ama stare in compagnia di se stesso, che appena ha una difficoltà o un momento di noia, si mette a fuggire da se stesso. Eppure a questo serve l’enorme industria del divertimento. A fargli dimenticare chi è e a distrarlo.

Abbiamo paura che, ritornando in compagnia di noi stessi, ci si trovi a faccia a faccia con qualcosa di sommamente sgradevole – noi stessi, la nostra sofferenza, le nostre paure, le nostre angosce... In questo modo ci si divide in due. ci si aliena e non sappiamo chi siamo.

La nostra pratica è esattamente il contrario: trovare noi stessi, tornare a casa. E prendere coscienza del dolore che proviamo, nostro e anche dei nostri antenati, da cui siamo tutti fuggiti. Infatti vivere è in gran parte soffrire, se non altro perché siamo tutti destinati alla morte.

Se gli esseri umani sono pronti a distruggere se stessi attraverso armi nucleari, vuol dire che qualcosa in loro è profondamente malato, vuol dire che provano un dolore che non viene neppure riconosciuto. Qual è la loro aspirazione più profonda? Ogni desiderio è in realtà una sofferenza, e tutti siamo insoddisfatti. Perfino questa ricerca dell’illuminazione o del paradiso rivela che ci troviamo in una specie d’inferno, che stiamo male.

Ma tutto questo va riconosciuto – con comprensione e compassione.

La nostra sofferenza è la sofferenza di tutti: dobbiamo esserne consapevoli attraverso l’ascolto profondo. Il nostro problema è che non capiamo noi stessi e quindi neppure gli altri. E che fuggiamo non appena avvertiamo la nostra tristezza, la nostra paura, la nostra rabbia, il nostro desiderio o il nostro vuoto.

Perciò non ci resta che metterci in ascolto – di noi stessi e degli altri. Non fuggire attraverso un’azione qualsiasi. È il primo passo per cambiare.

Mettiamoci seduti e diventiamo consapevoli di ciò che siamo, qui e ora.

sabato 2 aprile 2022

Pienamente consapevoli

 

Ogni tanto è bene essere pienamente consapevoli di ciò che si fa o si pensa. Essere pienamente consapevoli di ciò che succede è un esercizio di presenza mentale tipico della meditazione. Di solito siamo parzialmente o superficialmente coscienti di ciò che succede, ma non pienamente consapevoli. E questa è proprio la differenza  tra una comune coscienza e la consapevolezza.

La consapevolezza è un esercizio volontario che vuole intensificare la coscienza abituale. Si può essere consapevoli di qualcosa che appartiene al corpo oppure di qualcosa che appartiene alla mente (percezioni, sensazioni, pensieri, fantasie, ecc.).

Quando si soffre fisicamente o mentalmente è bene fermarsi a esserne pienamente presenti. Gli animali lo sanno istintivamente – quando stanno male, si fermano. Ma gli uomini no. Gli uomini possono cercare di evadere o di sfuggire alla situazione. E così prolungano la loro sofferenza.

Se invece ci si ferma, si investe di energia la sofferenza. In fondo  noi siamo esseri energetici  che possono dislocare la loro energia su un punto particolare. In principio l’aumento di consapevolezza può acuire la sofferenza, ma a lungo andare l’incremento e la focalizzazione dell’energia porta a un miglioramento o addirittura alla scomparsa.

Lo stesso discorso vale per la gioia, che può essere migliorata con un aumento della concentrazione. Si finisce per assaporare di più.

Comunque, l’afflusso di energia è un aiuto fondamentale per risolvere i problemi. Che spesso scompaiono come ombre al sole.

Gli uomini, a differenza degli altri animali, possono dirigere e accrescere l’energia della consapevolezza proprio là dove fa male (o bene) riuscendo a cambiare la situazione. Ma è necessario allenarsi a farlo.

venerdì 1 aprile 2022

La pretesa

 

Tutti vogliamo la pace, ma chissà perché c’è sempre la guerra. Tutti vogliamo la felicità, ma chissà perché c’è sempre la sofferenza. Forse perché l’uno non può esserci senza l’altro?

Quando il Dio biblico creò la luce, dovette creare anche il buio; altrimenti non si sarebbe vista la luce.

È così per tutti gli opposti. Per esserci l’uno, deve esserci anche l’altro.

Questo una mente illuminata lo capisce subito. Il mondo (e la nostra mente) sono fatti così. Dovremmo in realtà parlare di pace-guerra, felicità-sofferenza, luce-ombra, amore-odio, ecc., ma la nostra mente è dualistica – vede una cosa senza vedere l’altra. E così si costruisce un mondo di eterni contrasti.

Ma questi contrasti non dovrebbero esistere per chi vede l’intero, l’insieme, il tutto. La mente illuminata vede il tutto… scoprendo naturalmente che è il niente!

Se io soffro adesso, è perché ho la pretesa di essere felice.

Se non avessi nessuna pretesa, sarei un dio. Perché sarei al di là.