Quando si espone una visione del mondo che
getta ombre sul valore della vita, è quasi istintivo rifiutarla: sembra contro
natura. E lo è. La vita difende se stessa, vuole se stessa e non ammette che
qualcuno la metta in dubbio. Anzi, diffonde negli esseri viventi amore per se stessa.
Non c’è religione che non sia favorevole
alla vita, considerandola il bene primario e promettendone addirittura un’altra
dopo la morte. E non c’è organismo vivente che non voglia riprodursi. È un vero
e proprio istinto, inscritto in ogni cellula.
Ma arriva il guastafeste: la
consapevolezza che mette in crisi questo quadro idilliaco e il vantaggio di
venire al mondo.
La vita ama la vita, dona un notevole
piacere nelle faccende della fecondazione e della riproduzione e sostiene la
convinzione che vivere sia piacevole, quasi un pranzo di nozze del tutto gratis.
Ma non è vero. Già nella Bibbia troviamo la maledizione del presunto creatore: “Uomo,
tu lavorerai con il sudore della fronte; donna, tu partorirai con dolore”. Ed
arriva anche la constatazione buddhista che l’esistenza sia comunque uno stato
di insoddisfazione e di sofferenza.
Sotto ogni pubblicità c’è sempre un
inganno: ciò che compri deve essere pagato a un prezzo più o meno caro e ciò
che ottieni non è mai corrispondente alle promesse.
Con ciò dobbiamo dire di no alla vita?
No, ma guardarla con distacco, capire il trucco, i limiti e i difetti e,
soprattutto, non riprodurci a casaccio. Chi mette al mondo la vita mette al
mondo la morte.
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