Noi siamo convinti che la realtà sia il nostro corpo, la nostra mente, la nostra individualità e naturalmente le cose che ci circondano. Tutto ciò che ricade sotto i nostri sensi è reale.
Ma esiste un altro criterio per capire che cosa sia veramente reale. Le cose effimere, che vanno e che vengono, che non hanno stabilità e che prima compaiono e poi scompaiono per sempre non possono che essere irreali, illusorie, evanescenti come sogni.
Le cose reali, veramente reali, non possono essere effimere. E l’esistenza umana è breve, transitoria. È paradossale allora che il mondo sia considerato qualcosa di reale. La realtà non può avere un’esistenza temporanea, soggetta al tempo.
La realtà dovrebbe essere ciò che sta al di fuori e prima del tempo, che non è qualcosa di oggettivo, ma qualcosa legato alla nostra mente; non è qualcosa che possa avere un inizio e una fine, ma qualcosa che esiste sempre.
Ci troviamo dunque all’interno di un sogno, di una proiezione illusoria. Ma noi aspiriamo ad altro. Non neghiamo di aspirare all’eternità. Questo è il nostro più grande desiderio.
È con tale convinzione che dobbiamo rivedere il nostro concetto di morte. Non come la fine di tutto o la rinascita in qualche altro mondo. Ma come l’ingresso nella realtà.
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