La via e
la vita dell'uomo comune si basano sull'agitazione. Agitarsi è spesso il
contrario di agire. Chi si agita, vorrebbe fare tante cose, ma non riesce a
farne una bene. Chi si agita, spreca energie; e, al momento dell'azione, è già
sfinito. Agitarsi vuol dire muoversi a casaccio, non avere un'idea chiara di
ciò che va fatto. Questo è il punto. Agitazione è confusione, agitazione è
agire male. Solo quando vediamo con chiarezza ciò che dobbiamo fare, e come
dobbiamo farlo, possiamo agire efficacemente. Ma questo non è possibile se non
si raggiunge la calma.
La calma serve dunque sia nella vita di
tutti i giorni, sia nel cammino evolutivo di ognuno. È perciò una funzione
pratica e spirituale. Da coltivare ad ogni costo.
Come diceva Cesare Cantù, "il male
sopportato con ragionevolezza e calma è già diminuito della metà, mentre
l'impazienza raddoppia tutti i pesi, infistolisce tutte le piaghe."
Inoltre la calma è una condizione più
naturale dell'agitazione. Giacomo Leopardi nello Zibaldone scriveva: "È
certo che lo stato naturale è il riposo e la quiete, e che l'uomo anche più
ardente, più bisognoso di energia, tende alla calma e all'inazione
continuamente in quasi tutte le sue operazioni".
E, se credete che la calma e la quiete
siano contrarie alla passione, vi sbagliate. "Il vero amore è una quiete
accesa" diceva Giuseppe Ungaretti.
Del valore della calma le nostre
religioni parlano poco. Si sa, loro esaltano la passione. C'è perfino la
"passione di Cristo".
In
ogni caso, la calma non è il frutto di una grazia divina, ma è coltivabile
attraverso vari metodi di meditazione.
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