giovedì 11 aprile 2019

L'architettura degli stati mentali


Difficile conoscere gli altri, difficile conoscere se stessi. Talvolta non sappiamo nemmeno che cosa ci passa nella testa. Allora può essere molto utile un metodo impiegato nella meditazione: quello dell'etichettatura degli stati d'animo.
Quando si è seduti in meditazione, si tratta di definire o di etichettare ciò che proviamo e pensiamo. Se per esempio stiamo seguendo il respiro, prima o poi perderemo la concentrazione, perché la nostra mente sarà attraversata da pensieri o da sensazioni estranee. Parlo di pensieri e sensazioni per semplificare. Ma in realtà si tratta di ogni genere di contenuto mentale.
Anziché infastidirci e smettere di meditare, si consiglia di prender nota di ciò che ci distrae. Molte volte può essere semplice. Per esempio, possiamo etichettare "sogno ad occhi aperti... sogno ad occhi aperti", "ricordo... ricordo", "preoccupazione... preoccupazione", "ansia... ansia", "rabbia... rabbia", "amore... amore", "odio... odio", "fantasia... fantasia", "noia... noia", "tristezza... tristezza", eccetera eccetera.
Ma talvolta si tratta di stati d'animo difficili da definire: senso di malessere, voglia di muoversi, speranza anticipatoria, insoddisfazione, disagio, disperazione, blocchi nevrotici e così via. Comunque sia, il fatto di etichettarli ha due vantaggi. Prima di tutto, ci distacca dallo stato mentale disturbante, permettendoci di ritornare alla concentrazione sul respiro; e secondariamente, ci consente una migliore conoscenza di noi stessi, di tutto ciò che bolle nel pentolone della nostra mente. Non per nulla, questo metodo viene utilizzato anche dalla psicoterapia.


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