venerdì 5 aprile 2019

La rinuncia?


Il termine rinuncia non piace: sembra avere una connotazione negativa. Rinunciare per noi significa privarci di qualcosa, e puzza di sacrificio e di penuria. Ma le cose non stanno così. Si può rinunciare a qualcosa di dannoso: per esempio, chi non rinuncerebbe al mal di denti o ad un cibo avariato? Certo, questa non sarebbe una rinuncia, ma evitare qualcosa di doloroso. Se però pensiamo a un cibo molto buono, ma anche dannoso per il nostro colesterolo, ecco che ci avviciniamo di più al significato di rinuncia in senso spirituale o religioso. Rinuncio a qualcosa che sembra all'apparenza buono, ma che risulta alla fine deleterio. E qui si apre il dibattito.
       Quante cose rientrano in questa categoria dell' "apparentemente buono ma sostanzialmente cattivo"? Purtroppo molte, e non sempre è chiaro fin dall'inizio quali siano. Non si può stabilire in anticipo un elenco astratto e dogmatico. Questo fa bene, questo fa male. Se fosse così semplice, tutto sarebbe chiaro. E invece ci troviamo in un mondo dove tutto è ambiguo e ambivalente. Una cosa può far bene e a uno e far male a un altro; una cosa può far bene in un certo momento e far male in un altro momento. Allora, come orientarci? Resta il fatto che la conoscenza e la riflessione giocano un ruolo molto importante. Nel caso del cibo, se io fossi del tutto ignorante, mangerei sicuramente cose che alla fine mi farebbero schiattare. Lo stesso avviene in campo spirituale: che cosa fa bene alla mia evoluzione e che cosa la danneggia?
       Una volta si diceva che la sessualità era la nemica dell'uomo religioso. Gli asceti dell'antichità si vietavano un sacco di cose e praticamente rinunciavano a qualsiasi piacere. Ma si tratta di un errore. Questi tipi di rinuncia possono essere molto deleteri. Nessuno è mai andato in paradiso o ha raggiunto l'illuminazione solo rinunciando ai piaceri della vita. Semmai, così facendo, è sicuro che vivrà in una specie di inferno anticipato.
Agli effetti dell'evoluzione spirituale, una sessualità felice può essere più utile della castità: la repressione infatti accresce il malessere psicologico, allontana dagli altri e può portare a perversioni in altri campi. Nello stesso tempo, una cattiva sessualità, una sessualità ossessiva o fatta con odio o indifferenza, può essere altrettanto negativa. In entrambi i casi, veniamo bloccati e non ci evolviamo. Questo è il punto. Dobbiamo meditare ogni volta su che cosa fa bene o male alla nostra salute spirituale e non scegliere partiti presi. Dobbiamo rinunciare all'illusione che ci sia un decalogo di queste cose inciso per sempre nella pietra. Anche questa è una rinuncia.
       Capite ora in quanti altri modi si può usare il termine rinuncia? Rinunciare alle illusioni, rinunciare ai preconcetti, rinunciare al dogmatismo, rinunciare alle certezze infondate, rinunciare alle ossessioni, ecc. E queste rinunce sono molto più importanti di quelle semplicemente materiali.

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