giovedì 11 luglio 2019

L'interiorizzazione


Oltre alla meditazione di quiete (shamatha) e a quella di consapevolezza (vipassana o mindfulness), esiste la meditazione yoga. Non esiste una forma di meditazione migliore dell'altra. Ma ogni individuo deve cercare quella per cui è più adatto.
Nella meditazione yoga, non si analizza nulla e ci si dimentica del soggetto e delle sua reazioni. Ma si cerca una unificazione improvvisa e violenta dove si trascende la mente comune. Si possono tenere gli occhi aperti o chiusi, oppure un po’ aperti e un po’ chiusi. Se teniamo gli occhi aperti, in realtà guardiamo tutto e niente, oppure guardiamo un oggetto specifico. In ogni caso non si tratta di un guardare comune, ma di un “fissare l’attenzione”.
Se teniamo gli occhi chiusi, l’interiorizzazione avviene meglio. Si possono puntare gli occhi su una zona che va dalla radice del naso al punto fra le sopracciglia. E tutto ciò deve essere accompagnato da una respirazione profonda. Ogni tanto espiriamo più a lungo fino a svuotare i polmoni, tratteniamo il respiro e fissiamo lo “sguardo” (che non vede nulla o vede luci interiori) proprio davanti a noi. Ecco l’istante di maggior interiorizzazione. È come se volessimo scendere sempre in un pozzo sempre più profondo che, all’improvviso, si apre alla vastità.
In quell’istante, realizziamo.

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