lunedì 1 giugno 2015

L'anima inquieta

Il concetto di anima nasce proprio quando ci accorgiamo che il corpo, che ci permette di essere al mondo, si trasforma in limite delle nostre intenzioni, dei nostri propositi e dei nostri sogni.
Questa esperienza di confine e di barriera è la sofferenza.
Quando il corpo non è più il nostro glorioso veicolo del divenire, ma un ostacolo invalicabile ovvero un mezzo insufficiente e inadatto, ecco che siamo pronti per un’altra vita. E si crea una scissione fra la realtà e le nostre aspirazioni.
Ma da dove sono nate queste aspirazioni?
Chiaramente da una mente che eccede il corpo.
La sofferenza, l’insoddisfazione e l’irrequietezza sono in tal senso spie dell’anima, ossia nostalgia di una dimensione superiore. Non pensiamo dunque che la nostra inquietudine sia un difetto: è il segno di un’energia che non vuole rimanere confinata in se stessa.
Non è stato così anche per quel Dio che ha dato vita al cosmo? È uscito dai suoi confini.
Chi è che esce da se stesso? Il matto, d‘accordo. Ma anche il mistico che aspira alla trascendenza.

Il sé è dunque il veicolo che, mentre ci permette di avere una coscienza, è proteso verso il superamento di se stesso, verso l’infinito.

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