lunedì 14 gennaio 2013

L'io indiviso


Crediamo di essere individui ben definiti, nettamente separati, autonomi, compiuti, esseri viventi che non devono rispondere a nessun altro, che non sono collegati a nessun altro. Ma non è così: anzi, c'è da mettere in dubbio che esistano veri individui. D'altronde, anche il termine individuo significa "indiviso", "non diviso" - "non diviso da che?
Dalla rete di altri individui che gli sono più vicini - e, in realtà, da tutti gli altri. Esiste infatti una rete in cui i singoli sono soltanto nodi. Ogni nodo è un individuo, ma ogni individuo è unito a tutti gli altri. Al punto che si potrebbe parlare di "persone collettive", di cui i singoli individui sono varie manifestazioni.
La natura non fa grandi salti. Esiste un continuum innegabile tra gli esseri umani. Se non ci fosse stata questa continuità, noi non ci saremmo. Attraverso la generazione, i nostri progenitori hanno mantenuto la continuità. E dunque ognuno di noi è un'espressione, non del tutto diversificata, di questo continuum. Naturalmente, la cosa è più visibile nelle famiglie, dove si nota chiaramente che ogni individuo è un'espressione di un continuum particolare. Allargando poi la visuale, si scopre che esiste un continuum del paese, della città, della regione, della nazione, del continente e così via.
Quando noi parliamo, pensiamo o agiamo, ci sembra di esprimere esigenze soltanto individuali, ma in effetti manifestiamo aspetti particolari di una personalità collettiva più complessa.
Questo per dire che gran parte di ciò che pensiamo o decidiamo non è veramente nostro, che noi stessi non siamo veramente noi, che il nostro ego non è un vero io isolato e che siamo tutti "alienati", "altro da ciò che siamo".
Pirandello diceva che ogni individuo è "uno, nessuno e centomila", ma, molto tempo prima, in Oriente (e in realtà anche in Occidente) si era già parlato di reincarnazione.
Però, non si tratta tanto di un io che si reincarna, ma di un fiume di esistenza che sfocia in tanti emissari- che si "individua".

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