martedì 8 dicembre 2020

La coscienza della meditazione

 

Noi vorremmo capire la natura del mondo e la sua origine utilizzando la mente, la razionalità e la coscienza comune. Ma è impossibile perché tutti questi strumenti sono duali e pensano un mondo duale (nascita-morte, bene-male, inizio-fine, alto-basso, maschio-femmina, ecc.) mentre l’origine è non-duale. Ora, come può una funzione duale comprendere ciò che non è duale? È per questo che non trova mai il senso della vita. La mente può trovare solo un senso utilitaristico: viviamo per ricevere premi o punizioni, per superare una specie di esame, per unirci a Dio, per progredire da un piano all’altro, ecc.

Anche l’aldilà lo immagina in termini duali: paradiso-inferno, dio-diavolo, premio-castigo, ecc.

Ma, allora, come possiamo sapere che non è così?

Be’, innanzitutto siamo in grado di avanzare questa ipotesi, e quindi un’intuizione l’abbiamo. Abbiamo una specie di testimone che ci dice: non è questo, non è quello...

Il testimone è la consapevolezza di sé che affiora quando smettiamo di cercare significati razionali e riportiamo la coscienza dall’esterno all’interno, quando la raccogliamo in meditazione. La meditazione è un modo diverso dal semplice pensare: è piuttosto è un essere consapevoli, al di là della nostra identificazione con il corpo e con la mente. Questo è il vero “al di là”, non quello immaginato dalla mente.

In meditazione il corpo tace e la mente è immobile (per quanto possibile) e noi intuiamo che questa è la nostra vera natura - una natura che non ha più né speranze, né aspettative, né desideri, che non deve nascere e nemmeno morire, che non viene da nessuna parte e non va da nessuna parte... perché è sempre lì.

 

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