martedì 27 agosto 2013

Religione e intelligenza


Un recente studio, pubblicato il 6 agosto sulla "Personality and Social Psichology Review" da Miron Zuckerman Jordan Silberman e Judith A. Hall, dell'Università di Rochester, dimostra che più uno è religioso più è stupido. Lo sospettavamo. Credere in un Dio a misura d'uomo, che interviene nel mondo (contro tutte le evidenze), che invia profeti o Messia e che sceglie una religione (fra le tante) è certamente il segno di una scarsa intelligenza. E che dire di coloro che credono ciecamente in qualche libro sacro - scritto direttamente su ispirazione divina - e che sostengono che il mondo è stato creato in sette giorni e che non esiste nessuna evoluzione? Diciamo che sono tutte persone prive di senso critico e di cultura, che si affidano senza ragionare alla prima fede disponibile. Non a caso, le religioni sono in regresso nelle società più sviluppate e hanno un grande successo nei paesi del terzo mondo.
Le persone intelligenti ragionano con la loro testa, sono meno conformiste e non accettano dogmi religiosi del tutto infondati e irrazionali. Gli stupidi, invece, non aspettano altro che trovare un "pastore" che li guidi come pecore, che dica loro che cosa è bene e che cosa è male e che li assoggetti con rituali. L'uomo religioso non vuole avere dubbi: vuole spiegazioni semplici su come è fatto il mondo. Ed è un conservatore nato.
Naturalmente non bisogna credere ciecamente neppure a questo tipo di ricerche statistiche. Semmai, è bene distinguere tra religiosità come ricerca spirituale, basata comunque sempre sull'esperienza personale, e religiosità come semplice adeguamento alle credenze date. È giusto porsi degli interrogativi sul senso della vita e della morte. Ma è stupido credere che le risposte possano essere racchiuse in una religione, in un credo o in una setta.

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