lunedì 15 marzo 2021

La conoscenza duale

 

È impossibile per noi conoscere ed essere consapevoli senza dividere e contrapporre – questo è il problema. Ecco perché tutta la nostra conoscenza risulta viziata in partenza: non siamo in grado di capire che la nostra comprensione è impotente a conoscere come stanno veramente le cose.

Il punto di partenza è la distinzione primaria fra soggetto e oggetto. Il soggetto vorrebbe conoscere se stesso, ma non può farlo, perché si trasforma ogni volta in un oggetto per se stesso. E dunque ciò che conosce non può essere il soggetto conoscitore.

E poi la nostra conoscenza prosegue per contrapposizioni: verità contro falsità, buono contro cattivo, inizio contro fine, alto contro basso, vita contro morte, amore contro odio, giusto contro ingiusto, ecc. È come avere in mano i due capi di una corda e non riconoscere che non sono due elementi diversi, ma sempre la stessa cosa; oppure le due facce della stessa medaglia.

Noi continuiamo a dividere e a contrapporre ciò che invece è una realtà unitaria.

Proviamo per esempio a capire che bene e male o inizio e fine non sono contrapposti. Non è facile perché per noi l’uno estremo esclude l’altro. Non vediamo l’unità, frammentiamo e spezzettiamo.

Il nostro modo di conoscere non riguarda solo il significato, non è solo un fatto concettuale. Ma crea veramente un mondo duale. Poiché tutto ciò che esiste è determinato dalla coscienza, se la coscienza è duale, tutto ciò che conosciamo lo è.

Come fare a uscire dal dilemma?

Il mondo è un’apparenza distorta, una proiezione mentale. E anche noi per noi stessi.

In realtà è l’atto stesso del conoscere che spezzetta tutto. Ma, all’inizio, tutto è uno.

Infatti in origine c’è qualcosa che non è consapevole e che non conosce se stesso. E la coscienza, di cui ci vantiamo tanto, ne è una degenerazione.

Come facciamo a saperlo? Lo intuiamo a malapena.

3 commenti:

  1. Gentile Lamparelli,
    riporto, di seguito, un brano tratto dal libro di Alan W. Watts "La saggezza del dubbio": "Il vero motivo per cui la vita umana può essere così totalmente esasperante e frustrante non è l'esistenza di fatti chiamati morte, dolore, paura o fame. La cosa pazzesca è che, quando questi fatti sono presenti, noi ci giriamo intorno, ci agitiamo, ci dimeniamo, corriamo via, tentando di sottrarre l' 'Io' all'esperienza. Fingiamo d'essere delle amebe e cerchiamo di proteggerci dalla vita dividendoci in due. La salute mentale, l'interezza e l'integrazione risiedono nella comprensione che non siamo divisi, che l'uomo e la sua esperienza presente sono una cosa sola, e che è impossibile trovare un Io o una psiche separati."... Le chiedo: il ragionamento, o forse la realizzazione, del filosofo inglese mette in crisi la figura del Testimone, dell'Osservatore distaccato dei travagli della personalità? Grazie...

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  2. Grazie per queste perle di vera filosofia

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  3. Il Testimone o l'Osservatore distaccato scopre proprio che siamo un tutt'uno, frammentato attualmente dalla fede nell'individualità e dall'azione divisiva della coscienza.

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