giovedì 12 dicembre 2019

I benefici del silenzio


La meditazione può essere suddivisa in tre fasi: nella prima c’è la ricerca del raccoglimento, della calma e del silenzio fisico e mentale, nella seconda c’è il riconoscimento o la consapevolezza dei nostri pensieri e dei nostri stati mentali, e nella terza c’è il tentativo di influire su questi ultimi in modo da cambiare noi stessi in modo positivo e di ritrovare il sé originario.
       Queste tre fasi possono essere consecutive oppure si alternano senza un ordine: si tratta comunque di meditazione, di un’attività della coscienza che può svolgersi continuamente, anche quando facciamo altre cose. Anzi, è proprio l’attività quotidiana che ci dà la materia di osservazione e la necessità di migliorare la condizione in cui viviamo abitualmente.
       La necessità del raccoglimento e della calma nascono dallo stato di dispersione e di confusione in cui ci troviamo usualmente. Poiché questo stato accresce il nostro stress e il senso di spaesamento, dopo un po’ diventa una forma di malessere. Per controbilanciare questa sofferenza, la strategia migliore è dedicarci all’immobilità e al silenzio. Se per esempio, cerchiamo e troviamo il silenzio, possiamo già uscire dallo stato di maggior sofferenza e trovare lo stato di default del cervello-mente: una condizione di relax che ci fa star meglio.
       Florence Nightingale diceva che il rumore è un “crudele mancanza di attenzione”, qualcosa che noi infliggiamo agli altri e a noi stessi. Ma se il silenzio fisico è relativamente facile da trovare, il rumore mentale è ben più difficile da eliminare. Infatti, anche se ci troviamo in una zona priva di rumori o se ci chiudiamo le orecchie con cuffie o tappi, resta il chiacchiericcio mentale, che è ancora più fastidioso. E qui entra in campo la seconda fase della meditazione.
       Per prima cosa dobbiamo diventare consapevoli di questo “rumore” che abbiamo sempre nella testa e che ci assorda, ci confonde e ci distrae. Si tratta di pensieri, ricordi, rimuginazioni, immaginazioni, fantasie, desideri, speranze… Non siamo noi che dirigiamo la nostra mente, ma è la nostra mente che ci sposta continuamente di qua e di là. Noi siamo in un posto, mentre con la mente siamo chissà dove. Risultato, non siamo mai presenti a noi stessi, e viviamo in un mondo immaginario che ci allontana dalla realtà, facendoci assomigliare a gente addormentata o sognante. Non a caso, per allontanarci da questa condizione parliamo di “risveglio”.
Per risvegliarci dai sogni della mente, dobbiamo diventarne il più possibili consapevoli: “Sto sognando, sto fantasticando, torniamo alla realtà…”. E cerchiamo di concentrare la mente su qualcosa di vivo e presente, come il respiro, un mantra o il vuoto stesso. Insomma cambiamo il fuoco dell’attenzione.
Proviamo per esempio a puntare l’attenzione sull’ultimo pensiero o stato d’animo e notiamo come esso possa svanire lasciando un momento di vuoto… prima che ne sopraggiunga un altro. Fissiamoci su quel vuoto che ha molto a che fare con il fondo della mente.
Per svuotare la mente rimanendo presenti, possiamo anche dedicarci alla contemplazione della vastità (del cielo, di un paesaggio, ecc.) oppure dei minimi particolari (di una pianta, di una pietra, ecc.).
Se riusciamo a tirarci fuori dallo stato di sonnambulismo in cui ci troviamo di solito, la nostra visione si farà sempre più lucida e la nostra intelligenza aumenterà, con vantaggi materiali e spirituali.

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