domenica 29 novembre 2020

La consapevolezza della consapevolezza

 

Che cosa sarebbe un essere vivente senza consapevolezza? Niente, un semplice pezzo di materia.

Nessuno se l’è cercata, tutti se la sono trovata. Dapprima, appena nati, era minima, poi è aumentata - e così è nato il senso dell’io: io sono, io esisto, io sono vivo, io sono un individuo...

Ma la consapevolezza dura qualche decennio e poi svanisce. Come è venuta, così se ne va... Io devo morire: ecco il prezzo della consapevolezza!

Ma di che cosa è fatta questa consapevolezza così effimera, che va e che viene?

Evidentemente è presente nella materia vivente organizzata in un certo modo, un prodotto naturale della complessità. Ovunque c’è vita, lì c’è consapevolezza in quantità più o meno elevata.

La consapevolezza non è un semplice essere coscienti, ma un sapere di esserlo. E chi è il soggetto di questo sapere?

Un gatto o un cane, messi di fronte a uno specchio, non si riconoscono: credono che si tratti di un altro animale e magari cercano dietro lo specchio. Ma certe scimmie evolute e gli esseri umani si riconoscono. Sanno di essere proprio loro. Fanno un ulteriore passo. Hanno come un testimone della consapevolezza.

Che cos’è questo testimone? Una parte evoluta della consapevolezza o qualcosa di completamente altro? Ed è un vantaggio o uno svantaggio? Perché la super-consapevolezza è sì una facoltà in più, ma una facoltà che porta a una scoperta amara: siamo fatti per la vita perché siamo fatti per la morte.

Al centro della nostra galassia c’è un enorme buco nero che ingoia tutto: questo abbiamo scoperto. E non è una bella scoperta. Forse era meglio non scoprirlo.

 

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