mercoledì 7 ottobre 2020

La pubblicità della vita

 

Quando si espone una visione del mondo che getta ombre sul valore della vita, è quasi istintivo rifiutarla: sembra contro natura. E lo è. La vita difende se stessa, vuole se stessa e non ammette che qualcuno la metta in dubbio. Anzi, diffonde negli esseri viventi amore per se stessa.

Non c’è religione che non sia favorevole alla vita, considerandola il bene primario e promettendone addirittura un’altra dopo la morte. E non c’è organismo vivente che non voglia riprodursi. È un vero e proprio istinto, inscritto in ogni cellula.

Ma arriva il guastafeste: la consapevolezza che mette in crisi questo quadro idilliaco e il vantaggio di venire al mondo.

La vita ama la vita, dona un notevole piacere nelle faccende della fecondazione e della riproduzione e sostiene la convinzione che vivere sia piacevole, quasi un pranzo di nozze del tutto gratis. Ma non è vero. Già nella Bibbia troviamo la maledizione del presunto creatore: “Uomo, tu lavorerai con il sudore della fronte; donna, tu partorirai con dolore”. Ed arriva anche la constatazione buddhista che l’esistenza sia comunque uno stato di insoddisfazione e di sofferenza.

Sotto ogni pubblicità c’è sempre un inganno: ciò che compri deve essere pagato a un prezzo più o meno caro e ciò che ottieni non è mai corrispondente alle promesse.

Con ciò dobbiamo dire di no alla vita? No, ma guardarla con distacco, capire il trucco, i limiti e i difetti e, soprattutto, non riprodurci a casaccio. Chi mette al mondo la vita mette al mondo la morte.

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