mercoledì 19 marzo 2014

L'altra faccia della luna

Quanto più cerchiamo di inquadrare la realtà nelle nostre categorie conoscitive, tanto più dobbiamo sfrondare, semplificare, ridurre e togliere ogni ambiguità e contraddizione. Alla fine, ciò che conosciamo è una realtà impoverita, che lascia fuori tanti elementi – come guardare con occhiali insufficienti.
Questo succede anche per il nostro sé. Come diceva Jung, “il Sé è per definizione il concetto di un’essenza più ampia della personalità conscia. Di conseguenza, quest’ultima non è in grado di emettere un giudizio che abbracci il Sé.”
Non è dunque possibile “conoscere” per intero ciò che veramente siamo. Ciò che comprendiamo è solo una parte. Ma il più ampio Sé, il soggetto che conosce, ci resta ignoto – resta al di fuori della conoscenza razionale e duale.
Per oltrepassare i nostri stessi limiti, è necessario desistere dagli sforzi di razionalizzazione e porsi su una strada “negativa”, di ciò che il sé non è. Occorre mettersi sulla via del non sé, di quel sé che era stato escluso per conoscere l’ego impoverito. L'altra faccia della luna.
La via della non-mente è la via del rilassamento, del non sforzo, della liberazione dalla tensione, del lasciar essere, dell’abbandono, dell’ “autoannientamento provvisorio” (Jung). Solo così ci si può oltrepassare.
Come scriveva Karl Jaspers, “la vita ragionevole del giorno è fondata su questa notte, senza la quale il giorno stesso non sarebbe.” È la “notte dello spirito” di cui parlava anche san Giovanni della Croce.


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