Ci sono due modi per far valere la
nostra potenza.
Il primo consiste nell’impiegare la
nostra forza, la nostra volontà, nell’espandere la nostra presenza e
nell’occupare l’intera scena con le nostre manifestazioni. Qui accumuliamo una
grande tensione e otteniamo la soddisfazione dell’attore che recita bene la sua
parte o dell’amante che fa bene l’amore.
Il secondo consiste nel sottrarci,
nell’annullarci, nel rinunciare alla nostra stessa volontà di potenza, nel
farci piccoli, nello scomparire, nel lasciar andare la tensione
dell’affermazione, dell’esistere e del riprodursi. Ci facciamo nulla per
adeguarci al nulla del tutto. Qui otteniamo una pace inaspettata.
Entrambi alla fine ottengono la pace, ma
la pace del secondo è più durevole della pace del primo, che ogni volta deve ricominciare
da capo.
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