sabato 30 giugno 2018

La supermente


Se domandassimo al nostro cane di spiegarci il teorema di Pitagora, non capirebbe neppure che cosa vogliamo. Nella natura infatti esistono vari livelli di intelligenza e chi è a un livello basso non può capire chi è a un livello alto. Il cane non comprende noi, ma la formica non comprende il cane.
Sulla Terra sembra che noi ci troviamo al livello più elevato, ma è probabile che in qualche altro pianeta o in qualche altra dimensione vivano esseri più intelligenti. D’altronde nemmeno l’uomo di Neanderthal avrebbe capito il teorema di Pitagora.
       Il nostro compito dunque è portarci a un livello più alto per capire quei “misteri” che oggi ci sembrano incomprensibili. In tal senso tutti i paradossi sono utili. In particolare dovremmo superare la visione dualistica, per cui non possiamo pensare all’alto senza pensare al basso o alla vita senza pensare (e realizzare) la morte.

Che cosa cerchiamo, allora? Stati alterati di coscienza?
Forse è il contrario. Noi viviamo ora in stati alterati di coscienza, dominati dal dualismo, e cerchiamo la visione completa, comprensiva degli opposti.
Perché in meditazione partiamo dalla quiete? Perché l’inquietudine è uno stato alterato da cui dobbiamo uscire per trovare lo stato di calma “olimpica” che, non a caso, accostiamo a qualcosa di divino.
Ma il divino è solo uno stato superiore di intelligenza, quello che cerchiamo.
Meditare è vedere chiaro là dove tutti vedono cose distorte. È un “non pensare” nel senso di non pensare come (e ciò) che tutti gli altri pensano. Ma in realtà è un superpensiero.

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