sabato 2 giugno 2018

La gentilezza


La nostra religione si riempie la bocca della parola “amore”: ama il prossimo tuo, ama Dio, ama il tuo nemico, ecc. Ma i risultati nei secoli non sono stati un granché. Non si vede un amore sperticato diffuso tra la gente. Le ingiunzioni religiose sembrano più che altro espressioni retoriche, non messe in pratica. E provocano più che altro una grande ipocrisia.
Come si fa, d’altronde, ad amare un estraneo o addirittura uno che odi o che ti sta antipatico?
Ma forse abbiamo mirato troppo in alto. Non c’è affatto bisogno di amare il prossimo. Non ci possiamo imporre l’amore, né alcun altro sentimento. Restiamo sul concreto, su un atteggiamento che possiamo adottare – per esempio la gentilezza.
La gentilezza possiamo imporcela, come una norma di educazione. Non comporta né passione né trasporti amorosi, ma rispetto, considerazione.
Sembra poco. E invece è moltissimo.
Se tutti fossimo gentili, anziché rudi, villanzoni o sgarbati, già il mondo si trasformerebbe.
Essere gentili significa se non altro essere attenti e sensibili.
Sarà per questo che certe vie spirituali più evolute della nostra, per esempio il buddhismo, invitano ad essere gentili più che ad amare. Restano sul concreto e sono più efficaci. Aiutano il prossimo senza essere invasive.

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