giovedì 22 marzo 2018

Padroni del nostro destino?


Una frase che potrebbero pronunciare tutti è: “Non ho chiesto di venire al mondo e non ho chiesto di uscirne. Ma mi ci hanno costretto!”
Insomma, sembra che la volontà del singolo non conti nulla e che ognuno di noi venga per così dire trascinato da forze su cui non ha il minimo controllo. Potremmo dire che è la “volontà divina,” ma in ogni caso nessuno ci ha mai chiesto un parere.
In Oriente si tira fuori la teoria del Karma, per cui il nostro destino sarebbe legato a ciò che abbiamo fatto nelle vite precedenti. Qui saremmo responsabili. Peccato che non ne abbiamo la minima prova.
Resta la nostra sconcertante sensazione di essere delle pagliuzze trascinate dal vento.
Mentre l’Occidente teista ci fa apparire soggetti passivi della nostra stessa esistenza, l’Oriente vorrebbe renderci responsabili.
Chi avrà ragione?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo cercare di sentire interiormente se c’è veramente una nostra responsabilità nella nostra nascita, nella nostra morte o in ciò che c’è in mezzo. Siamo almeno in parte padroni della nostra vita o siamo condotti da volontà imperscrutabili? Perché anche nel caso del Karma e della reincarnazione, questa legge non l’avremmo certo fatta noi, ma l’avremmo subita.
Comunque sia, proviamo a vedere se in qualche modo possiamo riappropriarci almeno in parte del nostro destino… se non altro essendo consapevoli di tutto questo meccanismo.
Già la consapevolezza ci fa sentire spettatori di qualcosa che non abbiamo deciso, ma in cui partecipiamo come attori. E colui che ne è consapevole ne diventa almeno in parte responsabile. Perché, forse, in sostanza ciò che noi siamo è proprio questo essere “consapevoli di.” Solo se siamo “consapevoli di” siamo padroni della nostra vita.

In sostanza, prima veniamo gettati nel mondo e, poi, se ne diventiamo consapevoli, possiamo incominciare ad appropriarci del nostro destino. Ma, se non lo facciamo, se continuiamo ad essere inconsapevoli, affidandoci a divinità dominatrici, padrone del nostro destino, continueremo ad essere sugheri sballottati dalle onde.
Forse lo scopo dell’esistenza è proprio questo: riappropriarci di noi stessi… per quanto possibile, magari un po’ per volta, magari vita dopo vita.

2 commenti:

  1. Gentile Lamparelli,
    le confesso la mia confusione: leggo che, forse, lo scopo dell'esistenza è quello di riappropriarci di noi stessi... Ma per fare cosa? Avere figli, comprare una casa, ottenere un ottimo lavoro, e via discorrendo?... Oppure, come lei scrive, dobbiamo diventare "consapevoli di" per essere padroni della nostra vita... Ma di quale vita? Quella di una capsula psicosomatica, consapevole di un non meglio definito "Tutto"? O quella di un Sé consapevole di se stesso?... Sempre un grazie per una sua eventuale risposta...

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  2. Sto parlando dell'identità ultima. L'io empirico è quello che conosciamo e che nasce, muore, lavora, ecc. Ma questo io è destinato a dissolversi. Dobbiamo allora identificarci con ciò che non può sparire, perché c'era prima e ci sarà dopo. Che cos'è? un io sostanziato dell'energia del tutto, di quella forza universale che chiamiamo consapevolezza, di un io energetico o psichico, che ha potenzialità per noi inimmaginabili.

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