lunedì 15 aprile 2013

Non-reattività


In meditazione è fondamentale non reagire istintivamente. Questo non significa non essere spontanei, ma non cedere al condizionamento sociale e naturale, che vuole che a determinati eventi seguano sempre determinate reazioni. Occorre interporre, tra stimolo e risposta, un intervallo di riconoscimento. Il riconoscimento deve rispondere alla domanda: "Che cos'è questo?" Ossia che cos'è ciò che provo e qual è la reazione che mi viene sollecitata in automatico?" Subito dopo sorge la seconda domanda: "È giusta la reazione che mi viene sollecitata? Mi fa bene? È conveniente? Mi migliora o mi peggiora? È qualcosa di nuovo o è la solita reazione?"
Perché non dobbiamo dimenticarci che le reazioni che ci vengono sollecitate sono vecchie di migliaia di anni risalendo addirittura a quando eravamo scimmie nella foresta. E noi che cosa vogliamo essere? Delle marionette guidate da forze ancestrali o persone nuove, padrone di se stesse? Ecco il punto: le reazioni istintive non sono affatto "nostre": non partono da noi stessi, ma da una "centrale" che non è nelle nostre mani.
Quando rispondiamo a una sollecitazione con uno scatto d'ira o con una reazione di paura, siamo semplicemente marionette in balia di una forza che ci sovrasta, di una forza che persegue i suoi obiettivi - che non è detto siano i nostri. Questa uscita dalle consuete reazioni di causa-effetto è indispensabile per liberarsi dai condizionamenti collettivi della natura o della società, diventando finalmente padroni di noi stessi. È l'acquisizione di una individualità che paradossalmente ci porta ad essere più distaccati dal nostro ego e saggi.

Scopo della meditazione è creare un uomo nuovo, non ripetere vecchi schemi di comportamento, ormai superati.
Dunque, bisogna osservarsi nella vita quotidiana. E intervenire. La meta è essere più consapevoli, più distaccati, più imparziali, più calmi, più equanimi. Un uomo nuovo, appunto.

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