sabato 3 novembre 2012

La civiltà della consapevolezza


Lo sviluppo della nuova spiritualità (e in realtà della civiltà umana) non può che essere legato allo sviluppo della consapevolezza. L'uomo si distingue dagli altri animali nel momento in cui sviluppa un pensiero consapevole. Nessun altro principio è così importante. Che cos'è, per esempio, l'amore senza consapevolezza? E la grande gloria del buddhismo è averlo rilevato per primo:

"L'attenzione consapevole è la via che conduce all'immortalità,
la disattenzione è la via che conduce alla morte.
Gli attenti non muoiono,
i disattenti sono come già morti."

Questi versi del Dhammapada delineano già la via. La consapevolezza ha due campi d'azione: il primo è l'esistenza di tutti i giorni e il secondo è il senso della vita e della morte. Nel primo caso, si deve diventare consapevoli il più possibile di ciò che facciamo, sentiamo e pensiamo, momento per momento. Nel secondo caso, alziamo lo sguardo e facciamo per così dire filosofia, ma non in senso intellettualistico, bensì attraverso l'esplorazione interiore. Cerchiamo che cosa significhi vivere e morire, quali leggi presiedono allo sviluppo umano.
Consapevolezza sembra essere sinonimo di coscienza. Ma c'è una differenza: la coscienza è per così dire automatica, la consapevolezza si manifesta quando sottoponiamo deliberatamente all'attenzione qualsiasi cosa, anche la coscienza. In tal senso si parla di una forma di meditazione. Le altre forme di meditazione sono quelle che sviluppano la calma e quelle che cercano il vuoto mentale. Ma ogni cosa deve servire allo sviluppo della consapevolezza, che è l'unica via per conoscere a fondo la realtà e capire i processi che ci riguardano e ci circondano.

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