martedì 14 agosto 2012

Quattro stati sublimi



Nessun'altra religione come il buddhismo dedica metodi concreti alla creazione di stati d'animo positivi, nessun'altra religione cura tanto la mente. Prendiamo per esempio i "quattro stati sublimi". Il primo è metta, che consiste nella cosiddetta "gentilezza amorevole", ossia nell'augurare il bene agli altri e anche a se stessi. Il secondo è karuna, che consiste nella compassione, ossia nella partecipazione alle sofferenze altrui. Il terzo è mudita, la gioia empatica, che consiste nel provare gioia per la gioia altrui. E il quarto è upekkha, l'equanimità, che consiste nel mantenere la calma mentale in qualsiasi circostanza.
Il primo è un metodo per impostare rapporti umani basati sulla gentilezza, una virtù che da noi è trascurata ma che invece è molto potente per creare un mondo meno violento. Ci si deve impegnare a inviare pensieri di benevolenza agli altri e a se stessi e soprattutto ad assumere un atteggiamento generale di benevolenza. Il secondo è un metodo per uscire dall'egoismo e dall'indifferenza, imparando a mettersi nei panni altrui. Il terzo è un metodo per combattere l'invidia e la competizione. E il quarto consiste nel non farsi travolgere dagli stati d'animo estremi e contrapposti.
Come si vede, il buddhismo lavora innanzitutto sulla mente, cercando di cambiare le sue tendenze più deleterie. C'è una notevole differenza rispetto al cristianesimo, che predica sì l'amore verso il prossimo, ma che non ci dice come fare. Come fare ad amare tutti? Come fare ad amare addirittura i nemici? Il buddhismo ci spiega che dobbiamo operare mentalmente in modo da cambiare la disposizione psicologica. E ci dice di controllare continuamente lo stato mentale.
Si tratta di metodi semplici ma fattivi, che mutano qualcosa di fondamentale nel nostro stato d'animo.
Controlliamo ora gli stati d'animo di una giornata. Quanto siamo stati scortesi e ruvidi? Quanto siamo stati indifferenti a ciò che è capitato a qualcuno? Quanto abbiamo provato invidia per il successo altrui? Quanto ci siamo lasciati trasportare da ira, intolleranza, esaltazione o depressione, avversione, impazienza, ecc.?
Da notare che queste pratiche, rivolte verso gli altri, hanno anche l'effetto di eliminare o ridurre la sofferenza in noi stessi. Perché è indubbio che talvolta ci trattiamo più duramente di quanto trattiamo gli altri. E invece è necessario essere gentili, benevolenti, compassionevoli ed equanimi prima di tutto verso noi stessi. Non possiamo essere gentili verso gli altri se non lo siamo anche verso noi stessi.

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