Tra quando ci
ripromettiamo di essere presenti in un certo attimo e quando esercitiamo
davvero la presenza mentale, in realtà passa un intervallo di tempo:
miliardesimi, milionesimi o millesimi di secondo. L’intervallo è così breve che
non ce ne rendiamo conto. D’altronde due eventi, come ci spiega la fisica, non
possono essere completamente simultanei. Se ordinate al vostro braccio di
alzarsi, passerà una frazione di secondo tra il momento in cui date l’ordine e
il momento in cui il braccio si alza.
Lo stesso avviene
per ogni atto di coscienza. La coscienza non è simultanea rispetto all’accadere
degli eventi. C’è dunque un piccolo intervallo in cui non siamo né nel presente
né nel passato né nel futuro. E dove siamo?
Siamo al di
fuori dello spaziotempo, in una zona che non è né passato né futuro.
Siamo in una specie di “presente esteso”, ossia in una zona intermedia fra il
passato e il futuro.
La natura,
infatti, ha sempre una struttura discreta, non continua. E questo si riflette
anche nella natura della coscienza, che è duale.
In fondo, la
coscienza è una forma di dissociazione: non siamo mai completamente presenti in
ciò che facciamo. Ma questa caratteristica ci permette di uscire dal dominio
tirannico della mente, perché ci permette di inserirci in simili intervalli,
tra un pensiero e l’altro, tra un atto di coscienza e l’altro, tra un atto di
coscienza e l’avvenimento, uscendo dalla realtà condizionata e approdando ad un
presente speciale in cui il tempo e lo spazio non esistono.
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