domenica 18 ottobre 2015

Mirare alla sensazione

Se io dico: devi insediarti stabilmente nella presenza mentale, tu che cosa capisci? E lo stesso se dico: devi percepire il tuo sé senza forma, devi cogliere la mente profonda al di là del dualismo, devi essere consapevole, devi trovare Dio, ecc.
Linguaggio vecchio e superato, perché troppo legato a concetti usurati, a culture antiche, a storie, a mitologie, a simbologie già sfruttate.
Se dico: devi percepire il tuo campo energetico, uso un linguaggio più moderno. Ma il problema è sempre quello di ravvivare o evocare un’esperienza che le parole non colgono.
Se salgo di notte in cima a una collina, da solo, in silenzio, con il solo suono del mio respiro o dei grilli, e contemplo il cielo stellato, forse sono più vicino all’esperienza di quando parlo o penso al sé, a Dio, all’anima, ecc.
A volte, una sensazione dice molto più di mille parole-pensieri. Diciamo dunque che dentro di noi, nel profondo, al centro, sotto l’ego, sotto i pensieri, c’è uno stato di serenità, di pace, di silenzio, di vastità, di meraviglia gioiosa, che dev’essere il più possibile individuato, ricercato e mantenuto.

Si tratta di una condizione di equilibrio e di luce, al di là delle vicissitudini contraddittorie e mutevoli della vita. Se trovi quest’isola, sei in salvo dai marosi. Allora, da quel punto, osserva te stesso e il tutto.

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