Se io dico:
devi insediarti stabilmente nella presenza mentale, tu che cosa capisci? E lo
stesso se dico: devi percepire il tuo sé senza forma, devi cogliere la mente
profonda al di là del dualismo, devi essere consapevole, devi trovare Dio, ecc.
Linguaggio
vecchio e superato, perché troppo legato a concetti usurati, a culture antiche,
a storie, a mitologie, a simbologie già sfruttate.
Se dico: devi
percepire il tuo campo energetico, uso un linguaggio più moderno. Ma il
problema è sempre quello di ravvivare o evocare un’esperienza che le parole non
colgono.
Se salgo di
notte in cima a una collina, da solo, in silenzio, con il solo suono del mio
respiro o dei grilli, e contemplo il cielo stellato, forse sono più vicino all’esperienza
di quando parlo o penso al sé, a Dio, all’anima, ecc.
A volte, una
sensazione dice molto più di mille parole-pensieri. Diciamo dunque che dentro
di noi, nel profondo, al centro, sotto l’ego, sotto i pensieri, c’è uno stato
di serenità, di pace, di silenzio, di vastità, di meraviglia gioiosa, che dev’essere
il più possibile individuato, ricercato e mantenuto.
Si tratta di
una condizione di equilibrio e di luce, al di là delle vicissitudini contraddittorie
e mutevoli della vita. Se trovi quest’isola, sei in salvo dai marosi. Allora,
da quel punto, osserva te stesso e il tutto.
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