Il problema è
che quando parliamo o pensiamo a termini come “essere”, “consapevolezza”,
“presenza mentale”, “stato originale”, “sé”, “realtà ultima”, ecc., ci
riferiamo ad etichette. Ma spesso l’esperienza che sta sotto queste etichette
ci sfugge.
Se io parlo di
amore, di odio, di rabbia, di paura, di speranza, ecc., tu sai già di cosa
parlo e vai alla tue esperienze, benché personali.
Ma se parlo di
“essere”… a quale esperienza vai? Abbiamo vaghe sensazioni o intuizioni di
questo stato d’animo – e qualcuno non ne ha nessuna.
Il problema
della comunicazione (tra persona e persona, ma anche all’interno di noi stessi)
è tutto qui. Il linguaggio ci segnala e ci allontana nello stesso tempo.
“Penso, dunque
sono?” Magari… “Penso, dunque penso di essere!” Ma, per arrivare all’essere,
devo andare al di là delle parole, delle etichette e del pensiero stesso.
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