Noi abbiamo
paura di morire perché pensiamo che la morte sia la fine di tutto. Però, già
una legge della fisica ci dice che nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto
si trasforma.
D’altronde
come può una cosa finire del tutto?
Il tutto, per definizione, non può né cominciare né finire. E il tutto
significa “tutte le cose.”
Dobbiamo
vedere la morte come una fase di sviluppo dopo la vecchiaia estrema.
In effetti, la
nostra vita è un passaggio da una fase all’altra: nascita, infanzia, giovinezza,
maturità, prima vecchiaia, seconda vecchiaia, terza vecchiaia e… morte.
Vediamo le
fasi che sperimentiamo, ma non vediamo cosa c’era prima e cosa ci sarà dopo.
Dove eravamo
prima di nascere? Eppure da qualche parte, in qualche forma, eravamo, se poi siamo
stati.
Anche la morte
è una fase di trasformazione.
Ne abbiamo
paura perché siamo troppo attaccati alle cose, alle persone, alla vita, all’ego.
Invece, dovremmo essere sempre pronti a partire, con le valigie fatte.
Non è
emozionante?
Non è bello
fare una lunga camminata fino ad essere sfiniti, e quindi sdraiarsi e addormentarsi?
Questa è la morte. Dove sta il male?
Noi vediamo
solo il tragitto che il sole compie dall’alba al tramonto. Però, il sole c’è
prima e c’è dopo, seppure in un’altra posizione.
Prima e dopo l’orizzonte,
c’è un altro orizzonte.
Cosa c’è dopo
la vita? Un’altra vita.
Noi non ci
riconosceremo. Ma saremo sempre noi… sotto un’altra forma. Ecco perché siamo
alienati: non ci riconosciamo completamente. Non vediamo l’intero il fascio di
io che siamo stati.
Ci
identifichiamo con questo io, perdendo di vista cosa c’era prima e dopo l’orizzonte.
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