La vacuità di cui si parla in Oriente non è
tanto assenza o mancanza, quanto un’apertura, una spaziosità una vastità.
Scoprire la vacuità significa scoprire che ci
eravamo imprigionati in confini e limiti in parte imposti dagli altri e in
parte autoimposti. Credevamo a sostanze che in realtà sono inconsistenti, ad
enti che sono illusori (compreso il nostro stesso ego), a schemi che sono
semplici abitudini. Credevamo a fantasmi, a cose vuote, a valori fasulli. Era
la nostra mente che non aveva saputo vedere la loro falsità. Ma ora possiamo
oltrepassare, stupiti ma gioiosi, quei limiti.
È come se uno si fosse rinchiuso in una piccola
stanza da cui non usciva mai e che un giorno scopre che nessuno lo ha
imprigionato. A quel punto può uscire nello spazio aperto e incominciare una
nuova vita. Esce dallo spazio vuoto della stanza per aprirsi al mondo.
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