L’io non potrebbe rendersi conto di sé e dei
propri limiti, se non fosse sotteso e sovrastato da un sé più ampio. È per
questo che consapevole di non essere in gran parte padrone di se stesso, di
essere abitato e mosso da pulsioni che lo penetrano dal basso e dall’alto, di
non poter esaurire il senso in se stesso, di essere attraversato da ordini e da
esigenze che vengono da altrove. Ed è così che si rende conto di non poter
conoscere la verità di se stesso con gli strumenti della sola ragione; e si
rende conto di non poter comprendere tutto se stesso, di albergare ancora – e
per fortuna – caos, ambivalenza e dimensioni sconosciute.
È con sollievo che scopre di non poter essere
de-finito, di non essere rinchiuso nelle e dalle proprie mura.
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