Non sempre la concezione dell’uomo riguardo la
vita e dei suoi rapporti con la natura e Dio, è stata drammatica, come nella
tradizione giudaico-cristiana e nel buddhismo. Qualche civiltà del passato ha
anche espresso il piacere di vivere e di trovare un’armonia con le forze
cosmiche.
Un esempio è la civiltà vedica, quella che ha
dato origine ai quattro Veda. Questi testi sono costituiti da inni che
celebrano la pienezza della vita e il piacere di vivere. Qui non c’è il senso
di colpa che sta alla base della civiltà guidaico-cristiana né la cupa visione
della vita che troviamo alla base del buddhismo.
La vita umana è qualcosa di bello, di piacevole,
di luminoso e di glorioso. Gli autori degli inni ringraziano le divinità per i
beni che sono stati loro concessi: esistenza, figli, bestiame, salute, case,
ecc. e si rendono conto che si tratta di grandi doni, di doni preziosi, che
vogliono apprezzare e utilizzare fino in fondo.
Essi non ignorano il male né minimizzano la
sofferenza, ma partono dal principio che lo stato naturale dell’uomo sia la
felicità e la pace, dato che l’uomo e il cosmo cooperano per così dire per la
buona riuscita del tutto. E ciò è sempre possibile.
Non c’è insomma l’idea di altre religioni che
il mondo sia decaduto, che l’uomo sia corrotto e che tutti debbano vivere più o
meno insoddisfatti, più o meno infelici, in attesa di raggiungere una vita
piena solo nell’aldilà.
Questi uomini erano dominati dal desiderio di vivere
bene, di essere felici, e non sentivano il bisogno di concepire un mondo ideale
(come in Platone) né di assolvere Dio dalla responsabilità del male
ributtandola sulle spalle degli uomini e di qualche fantomatico peccato
originale.
Credevano in un’altra vita dopo la morte, ma
non ritenevano l‘attuale esistenza una degenerazione di qualche modello ideale.
Ecco perché la loro religiosità si esprimeva
con inni, con canti, spesso poetici, in cui la contemplazione dei beni della
vita si trasforma in una forma di estasi, che trabocca ancora oggi sul lettore.
Siamo lontani da una contemplazione tutta
centrata su Dio, sull’Uno, che vuole allontanare dalle miserie e dalle
sofferenze della vita per trovare la pace solo in un mondo soprannaturale.
Anche qui il culto fondamentale è il
sacrificio. Ma il sacrificio – degli animali e dell’uomo stesso – non è
concepito come una forma di espiazione di qualche peccato, ma come uno scambio
cosmico dell’energia vitale che serve ad arricchire e a consacrare l’intero
creato.
C’è soprattutto l’idea che il benessere non è
soltanto qualcosa di materiale, ma anche qualcosa che favorisce il progresso
spirituale, perché aiuta a sentirsi in pace e in armonia con il mondo.
La felicità è la condizione di base, che tutti
hanno il diritto e il dovere di ottenere.
La felicità è la pienezza della vita in tutti i
suoi aspetti.
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