Perché cercare la via attraverso la
concentrazione e il raccoglimento, anziché fuori di noi?
In realtà ciò che noi cerchiamo non è un senso
oggettivo e neppure una nostra semplice interpretazione, ma un senso che sia
anteriore alla riduzione-trasformazione operata dalla mente. Questo è il “volto
originale”. E per questo dobbiamo ricorrere alla non-mente, che non è il
contrario della mente, ma l’oltre, l’aldilà di essa.
Il senso non è tanto una percezione-sensazione
quanto una via, un atteggiamento dell’essere. Meditare è un atteggiarsi in un
certo modo di fronte alla realtà, un appostarsi in una maniera del tutto
diversa.
Innanzitutto ci si pone al limite del senso, là
dove si apre l’orizzonte di senso. In secondo luogo non si dà per scontato che
qui ci sia un io che osserva e là una realtà che è osservata. Questa
osservazione dev’essere la più impersonale e distaccata possibile.
L’io dismette la pretesa di essere il soggetto
della conoscenza per diventare uno spettatore (ma non di uno spettacolo
oggettivo).
Più che un io che vede c’è una visione, più che
un io che sente una sensazione.
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