Dal momento in cui nasciamo non possiamo fare a meno di andare
avanti, di muoverci, di progredire – non nel senso però di un miglioramento
continuo e ineluttabile, ma di un rotolare inevitabilmente. Viviamo infatti su
un piano inclinato e si scivola sempre. Siamo sottoposti a forze più potenti di
noi, come la gravità o il tempo, che ci trascinano dove vogliono loro.
Stando così le cose, un grande atto di ribellione e di
auto-affermazione è (cercare) di stare fermi. È difficile, forse impossibile,
perché tutto e tutti cercheranno di smuoverci.
Ma non siamo del tutto impotenti. Possiamo fare resistenza, anzi
resilienza, in modo da non farci sbattere come bandiere al vento .Ora qua, ora
là.
Lo stare fermi (nel doppio senso della parola: immobili e
decisi) è un grande esercizio di meditazione, una rivolta dell’uomo che non si
arrende al trascinamento cosmico. E può stabilire un punto fermo anche in mezzo
alle peggiori tempeste.
Questo punto fermo è il suo centro stesso, ciò per cui ha una
individualità. Le tempeste lo trascineranno dove vogliono. Ma l’individuo
consapevole e coraggioso, anzi eroico, può rimanere spiritualmente fermo.
Non accetta dunque i luoghi comuni del pensare e del fare, è
dubitativo e riflessivo, non cede alle opinioni correnti, non si comporta come
la massa, medita, si configura in base alle proprie esigenze più profonde e
rivendica se stesso anche di fronte a mille divinità feroci.
Nessun Dio può toccare un anima ferma.
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