Il desiderio, l'avversione, il torpore, l'agitazione e il dubbio
rappresentano tutti impedimenti a meditare. Se per esempio, mentre meditiamo,
proviamo un forte desiderio per qualcosa o un forte odio per qualcos'altro, è
chiaro che la nostra concentrazione andrà a farsi benedire e che l'attenzione
sarà sviata. Lo stesso succede con il torpore e l'agitazione. Quanto al dubbio,
se incominciamo a chiederci che cosa stiamo lì a fare e se non sia tutto
inutile, non potremo andare avanti.
In tutti questi casi, la
soluzione è spostare l'attenzione sul nuovo stato d'animo che si è formato, in
modo da indebolirlo e farlo scivolare via. Non dobbiamo infatti dimenticare che
si tratta comunque di stati d'animo o di pensieri transitori, che sono
destinati ad andarsene.
Ma esistono altri
impedimenti che sono molto più subdoli, perché sono sostanziati di
piacevolezza: l'esultanza, la soddisfazione, l'orgoglio, la volontà di potenza,
ecc. Tutti questi stati d'animo non vengono percepiti come ostacoli. Ma in
realtà lo sono. Lo sono perché anch'essi sono stati d'animo transitori, che
possono abbandonarci da un momento all'altro lasciando magari il posto ai loro
contrari.
In effetti,
nell'illustrazione dei quattro livelli (jhana) della meditazione, i primi sono
sostanziati di gioia, ma l'ultimo, il più elevato, supera questo stato d'animo
e assume il carattere del distacco e dell'equanimità, un atto di pura
coscienza.
Lo scopo della
meditazione non è cercare uno stato d'animo euforico, ma avere una mente sempre
più chiara e capace di vedere senza condizionamenti sentimentali.
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