Nessun'altra religione come
il buddhismo dedica metodi pratici alla creazione di stati d'animo positivi,
nessun'altra religione cura tanto la mente. Prendiamo per esempio i
"quattro stati sublimi". Il primo è metta, che consiste nella
cosiddetta "gentilezza amorevole", ossia nell'augurare il bene agli
altri e anche a se stessi. Il secondo è karuna, che consiste nella
compassione, ossia nella partecipazione alle sofferenze altrui. Il terzo è mudita,
la gioia empatica, che consiste nel provare gioia per la gioia altrui. E il
quarto è upekkha, l'equanimità, che consiste nel mantenere la calma
mentale in qualsiasi circostanza.
Il primo è un metodo per impostare rapporti umani basati
sulla gentilezza, una virtù che da noi è trascurata ma che invece è molto
importante per creare un mondo meno violento. Ci si deve impegnare a inviare
pensieri di benevolenza agli altri e a se stessi e soprattutto ad assumere un
atteggiamento generale di benevolenza. Il secondo è un metodo per uscire
dall'egoismo e dall'indifferenza, imparando a mettersi nei panni altrui. Il
terzo è un metodo per combattere l'invidia e la competizione. E il quarto
consiste nel non farsi travolgere dagli stati d'animo estremi e
contrapposti.
Come si vede, il buddhismo lavora innanzitutto sulla
mente, cercando di cambiare le sue tendenze più deleterie. C'è una notevole
differenza rispetto al cristianesimo, che predica sì l'amore verso il prossimo,
ma che non ci dice come fare. Come fare ad amare tutti? Come fare ad amare
addirittura i nemici? Il buddhismo ci spiega che dobbiamo operare mentalmente
in modo da cambiare la disposizione psicologica. E ci dice di controllare
continuamente lo stato mentale.
Si tratta di metodi semplici ma concreti, che mutano
qualcosa di fondamentale nel nostro assetto interiore.
Controlliamo ora gli stati d'animo di una giornata.
Quanto siamo stati scortesi e ruvidi? Quanto siamo stati indifferenti a ciò che
è capitato a qualcuno? Quanto abbiamo provato invidia per il successo altrui?
Quanto ci siamo lasciati trasportare da ira, intolleranza, esaltazione,
depressione, avversione, impazienza, ecc.?
Da notare che queste pratiche, rivolte verso gli altri,
hanno anche l'effetto di eliminare o ridurre la sofferenza in noi stessi.
Perché è indubbio che talvolta ci trattiamo più duramente di quanto trattiamo
gli altri. E invece è necessario essere gentili, benevoli, compassionevoli ed
equanimi prima di tutto verso noi stessi. Non possiamo essere gentili verso gli
altri se non lo siamo anche verso noi stessi.
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