Ci sono ancora persone che utilizzano una teologia datata,
addirittura medievale. Credono che da una parte ci sia il Creatore e dall'altra
parte il mondo. Credono che l'uomo sia in attesa di interventi salvifici
dall'alto e che Dio sia lì a seguirci e, una volta morti, a punirci o a
premiarci. E si domandano angosciati da secoli come mai questo meraviglioso
Creatore, soltanto Bene e Amore, abbia creato tanto male. E allora arzigogolano
teorie che non stanno né in cielo né in terra, volte solo a salvare la loro
immagine di Dio. Eppure lo stesso san Tommaso, verso la fine della sua vita,
dopo aver avuto una specie di illuminazione, disse: "Tutto ciò che ho
pensato non è che paglia".
La teologia
tradizionale non è che spazzatura, partendo dalla pretesa impossibile di
racchiudere nelle nostre categorie mentali la trascendenza. Oggi perfino la
scienza sa benissimo che tutto è interpretazione (anche le leggi della fisica)
e che l'universo è un campo di un'energia indistruttibile ed eterna che crea le
cose soltanto in relazione alla mente che le deve conoscere. In altri termini,
quell'albero esiste perché c'è qualcuno che lo identifica. Ma se non ci fosse
la mente a riconoscerlo, non ci sarebbe e, al suo posto, rimarrebbe solo
un'energia informe. Tutto ciò punta alla mente conoscitiva e alla sua più
importante funzione: la consapevolezza.
Dal modo in cui la
mente è cosciente dipende dunque non solo la visione del mondo ma anche la
nostra personale felicità. Esaminiamo il modo in cui ci rapportiamo alle cose
per scoprire perché siamo felici o infelici. Il nostro modo di essere
consapevoli plasma noi stessi e il mondo. Una bella responsabilità.
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