Il buddhismo lancia una sfida alle altre religioni, tutte
costruite più o meno allo stesso modo, con un Dio da adorare e il suo profeta o
messia, con l'eterna lotta fra bene e male, e con un paradiso e un inferno che
ci vengono assegnati dal Giudice divino.
L’Oriente in genere non ci
dice solo di fare il bene (ovvio), ma di andare al di là del bene e del male;
non ci dice di cercare solo il paradiso, ma di andare al di là di paradiso e
inferno; non ci dice di cercare la vita eterna, ma di andare al di là della
vita e della morte. E ci dice che il nostro sé, pur essendo in grado di
sopravvivere da una esistenza all'altra, non è la realtà ultima.
Per il buddhismo la realtà
ultima è il nirvana, che può essere definito solo in termini negativi (ciò che
non è), ma non in termini positivi, pur assicurandoci che è comunque qualcosa,
non un nulla. Tutte idee che la mente non riesce a comprendere, ma tutt'al più
a intuire in una sorta di vertigine della ragione.
Il fatto è che il
buddhismo non è solo una religione, ma anche una filosofia, dato che ci
presenta una spiegazione delle leggi e delle strutture fondamentali della
realtà. Le altre religioni, ogni volta che si sono azzardate a parlare delle
leggi fondamentali del mondo, hanno detto solo grandi sciocchezze.
Invece il buddhismo ha
lasciato una visione del mondo che ancora oggi interpella la nostra ragione. Questa
religione non crede né a Dio né ad un sé eterno. Tuttavia individua leggi che
sembrano eterne, come quella della retribuzione karmica, della sofferenza e del
desiderio. Più che leggi fisiche sembrano leggi evolutive. Il mondo - dice il
Buddha - è fatto così, e io ve lo descrivo. Anche l'uomo è fatto in un certo
modo, e io ve lo descrivo. Nessuna di queste leggi è stata creata da un Dio,
però esistono, e con esse dobbiamo fare i conti. Non c'è un Dio che premi e castighi:
siamo noi stessi, con i nostri atti, che ci prepariamo il futuro, in questa
vita e nelle altre.
Lo scopo del buddhismo
è la liberazione dalla sofferenza, che può essere eliminata solo con la
soppressione del desiderio. Il desiderio nelle sue varie forme, l'attaccamento,
i legami e i condizionamenti agiscono automaticamente, istintivamente, oscurando
la ragione e facendoci comunque proseguire il ciclo delle nascite e delle
morti.
Finché l'individuo non ne avrà
abbastanza e finché non capirà che non si può uscire dalla sofferenza se non
estinguendo il desiderio egocentrico (di essere, di non essere, di divenire, di
godere, ecc.), continuerà a stare male. A quel punto, estinto anche il karma
del passato, l'uomo potrà approdare ad un piano dove non c'è più né vita né morte,
né io né Dio, uno stato nirvanico senza divisioni e senzacondizionamenti. In
fondo, l'ego non è nient'altro che una separazione e delimitazione
dell'incondizionato.
Ma il punto centrale
di questo processo di liberazione è una chiara presa di coscienza che tutte le
cose sono impermanenti e che tutte sono soggette al dolore. È da qui che nasce
la saggezza e la volontà di liberarsi dell'insensato ciclo della
vita-e-della-morte. Se non lo facciamo, il ciclo continuerà ad andare avanti
all'infinito. E noi continueremo a illuderci, a desiderare e a soffrire. In
sostanza, è su questa consapevolezza che bisogna lavorare. Tutto il resto - il
comportamento e le decisioni da prendere nell'esistenza - sono conseguenti.
Certo, siamo a un
passo avanti rispetto alle altre religioni, che ci fanno sognare paradisi e salvatori
divini. Per il buddhismo, tutte queste cose possono anche esistere, ma sono comunque
soggette al ciclo delle nascite e delle morti, sono impermanenti. Anche gli dei
sono impermanenti.
È come se il Buddha
guardasse molto ma molto più lontano delle altre religioni. Inoltre egli non
dice che bisogna accettare queste spiegazioni per fede, ma solo dopo averle capite
e sperimentate personalmente.
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