Tra i vari attaccamenti che ci legano, ci limitano e ci
condizionano, quello di cui ci si rende meno conto è l'attaccamento alle
proprie opinioni. Che cosa significa? Significa che ci facciamo un'opinione,
abbracciamo una teoria o sposiamo un fede, e dal quel momento non la mettiamo
più in dubbio e giudichiamo tutte le opinioni diverse o contrastanti sbagliate.
Non solo sbagliate, ma nocive. Chi reagisce più violentemente, per esempio, di
colui che vede messe in dubbio la propria religione? È come se la divergenza
mettesse in crisi il nostro equilibrio, la nostra stessa esistenza. E, in
parte, è così. La fede che si oppone alla nostra mette in crisi la nostra
sicurezza, la nostra certezza - ciò che non vogliamo più mettere in dubbio. È
così che nasce il fondamentalismo religioso. Quei pazzi che sono disposti a
uccidere gli altri e se stessi per distruggere chi la pensa diversamente.
La verità è che noi
stessi abbiamo profondi dubbi e che ci aggrappiamo a quella fede come ci
afferriamo all'ultimo spunzone di un precipizio. Senza di quello precipitiamo.
In realtà, la spiritualità dovrebbe essere qualcosa di completamente diverso:
un'apertura anziché una chiusura; una possibilità di inclusione e di
allargamento, non una possibilità di esclusione e di restringimento. Una
ricerca anziché una dogmatica. Invece la religione diventa una setta. E la
setta ci fa tutti settari, faziosi, fanatici, parziali e ciechi.
Impariamo qualcosa dal
buddhismo zen, in cui si dice: "Se incontri sulla tua strada il Buddha,
uccidilo!" Perché ucciderlo? Perché se credi che il Buddha sia quello che
tu pensi che sia, ti stai certamente sbagliando. Ti stai semplicemente
attaccando ad un'immagine della tua mente, ad una tua interpretazione, ad una
tua definizione. E se tu de-finisci qualcuno, stai tranquillo che lo
stai limitando. In ogni caso, il tuo compito nella vita non è essere Buddha,
Gesù o Maometto, ma essere te stesso. Ed essere se stessi è molto più difficile
che essere i seguaci o gli adoratori di qualcuno.
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