Gli attori hanno due metodi di
recitazione. Nel primo, l’immedesimazione, si fondono con il personaggio che
recitano; nel secondo, l’estraneazione, ne prendono le distanze e si guardano
recitare.
Sembrano due metodi contraddittori. In
realtà sono due metodi complementari che vanno alternati. Le contraddizioni,
infatti, sono tali solo per la logica, ma non per la vita.
Lo stesso avviene in meditazione. Un po’
ci si deve immedesimare in quella particolare rappresentazione che è la vita ed
un po’ dobbiamo prenderne le distanze, osservandoci recitare/vivere.
Pensare di vivere non è vivere. Noi, per
vivere, dobbiamo fare esperienza diretta delle cose. Però, per fortuna, non siamo solo come gli altri animali e possiamo guardarci vivere.
Non si tratta di due momenti separati,
ma di un alternarsi continuo di immedesimazione ed estraneazione. Due momenti
di meditazione che si avvicendano rapidamente come yang e yin, come positivo e
negativo. Nessuno dei due può fare a meno dell’altro.
Una volta appurati questi due processi,
per trovare il nostro fondamento o la nostra natura ultima, dobbiamo alla fine
sperimentare il campo unificato, al di là del dualismo naturalistico e mentale.
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