Se cerchiamo di liberarci dalla rabbia
(e dagli altri impulsi violenti) scatenando una lotta contro di essa, finiremo
di vivere in uno stato continuo di conflitto: un esito bellico, un
combattimento drammatico che non dà né tregua né pace.
Dobbiamo allora applicare altre
strategie più intelligenti.
La prima è l’osservazione, che crea una
presa di distanza e la possibilità di far sbollire la pentola.
La seconda è l’utilizzazione della rabbia, la quale resta comunque un impulso
altamente energetico, capace di dare forza e concentrazione.
La terza è la trasformazione, che avviene quando ci domandiamo: chi sta provando questo sentimento?
La domanda ci permette di scoprire
l’osservatore con la sua presenza calma e la sua chiarezza di visione.
L’importante è non negare, non opporci,
non scappare, non reprimere, ma restare lì, fermi, trasformando la rabbia in un
potere della mente.
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