Esistono pratiche che, pur appartenendo
ad una tradizione spirituale, sono valide in qualsiasi religione. Prendiamo le
quattro riflessione del buddhismo:
1)
La
vita umana è preziosa, è un’opportunità che non viene data a tutti (pensiamo
all’enorme quantità di animali) e non va sprecata. Si è aperta per noi una
finestra da cui non possiamo non guardare, di cui non possiamo non
approfittare.
2)
Tutto
è impermanente: dal più piccolo atomo allo stesso universo tutto cambia di
continuo e tutto è destinato ad estinguersi. È una legge di natura che vediamo
applicata dappertutto e non c’è niente da fare.
3)
Ogni
nostra azione ha conseguenze, buone o cattive che siano, per noi e per gli
altri, anche se non sempre siamo in grado di calcolarle. Tutte le cose infatti
si presentano interconnesse e il cambiamento nell’una si ripercuote sul cambiamento
delle altre. Anche questa è una legge di natura che non può essere negata.
4)
Niente
al mondo può offrirci una felicità duratura. Anche questa è un’osservazione
ineccepibile. Poiché tutto è in continuo cambiamento, non possono esserci
condizioni a lungo stabili, né nel bene né nel male.
Queste
quattro riflessioni, che sono condivisibili da ogni essere umano, dovrebbero
indurci a prendere provvedimenti. La nostra vita, per quanto possa durare, è
comunque breve e la morte ci attende tutti. Che fare?
Quasi tutti cerchiamo di godere e di
arraffare il più possibile, ma nessuno può sfuggire a sconfitte e sofferenze:
anche questa è una semplice constatazione. Che si creda o no in un’altra vita, dobbiamo
comunque ottimizzare la nostra
esistenza, perché non è detto che tutto ci vada bene e che la ricerca della
felicità ci eviti malattie, perdite, invecchiamento e morte (nostra e altrui).
Insomma, dobbiamo prepararci al peggio e ad affrontare ogni genere di
difficoltà.
Ma questo è possibile solo se ci
centriamo, solo se troviamo il nostro stesso fondamento. E dov’è questo
fondamento? Se lo pensiamo fuori di noi, un Dio per esempio, non acquisiamo né
una difesa né una strategia personali, e dobbiamo abbandonarci fatalisticamente
al destino. Sarà quel che sarà.
Se invece troviamo questo centro in noi,
nel fondo di noi stessi, la situazione cambia. Possiamo cogliere finalmente il
bandolo della matassa – un bandolo che potrebbe essere al di là della vita e
della morte - e possiamo capire come comportarci.