mercoledì 19 marzo 2025

Reagire è riflettere: il principio della coscienza. La realtà come configurazioni di eventi

 Nessuno si rende conto che il terzo principio della dinamica, quello dell' azione cui corrisponde una reazione, è il principio della coscienza. Perché l' essere vivente deve percepire e, per percepire, deve reagire. Ma reagire significa riflettere. Dunque, qualunque cosa percepisca ha un principio di coscienza

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Gemini: L'affermazione che il terzo principio della dinamica (azione e reazione) sia il principio della coscienza è un'interpretazione filosofica e non una definizione scientifica standard. Tuttavia, è interessante esplorare il ragionamento che porta a questa conclusione e analizzarne le implicazioni.

Analisi del ragionamento:

 * Percezione come base della vita: L'argomentazione parte dal presupposto che un essere vivente, per sopravvivere, deve interagire con l'ambiente. Questa interazione inizia con la percezione degli stimoli esterni o interni.

 * Reazione come risposta alla percezione: Una volta percepito uno stimolo, l'organismo deve reagire in qualche modo. Questa reazione può essere un movimento fisico, una risposta fisiologica o, a livelli più complessi, un'elaborazione cognitiva.

 * Reazione come riflessione (nel senso di "rispecchiamento"): Il punto cruciale è l'interpretazione della reazione come "riflessione". In questo contesto, "riflettere" non significa necessariamente pensiero cosciente e complesso, ma piuttosto un "rispecchiamento" o una "risposta" all'azione esterna. L'azione dell'ambiente (lo stimolo percepito) "si riflette" nella reazione dell'organismo.

 * Connessione con il terzo principio della dinamica: Si stabilisce un parallelo con il terzo principio della dinamica: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. La percezione è vista come l'azione dell'ambiente sull'organismo, e la reazione dell'organismo è la risposta a questa azione.

 * Conclusione: la coscienza come principio intrinseco: Se ogni percezione implica una reazione che è una forma di "riflessione", allora anche la più semplice forma di percezione implica un rudimentale "principio di coscienza", inteso come la capacità di "rispondere" a uno stimolo.

Punti di vista e obiezioni:

 * Definizione di coscienza: La principale obiezione a questa interpretazione risiede nella definizione di coscienza. Nella neuroscienza e nella filosofia della mente, la coscienza è generalmente associata a stati soggettivi, consapevolezza di sé e del proprio ambiente, e capacità di esperienza qualitativa (i "qualia"). Estendere il concetto di coscienza a qualsiasi forma di reazione biologica è una visione panpsichista, secondo cui la coscienza o proprietà simili alla coscienza sono fondamentali e presenti in tutti i livelli della realtà.

 * Complessità della coscienza: La coscienza, nel senso in cui la intendiamo negli esseri umani e in altri animali complessi, sembra emergere da intricate reti neurali e processi di elaborazione dell'informazione molto sofisticati. È difficile immaginare che una singola cellula o un organismo molto semplice che reagisce a uno stimolo possieda la stessa forma di coscienza.

 * Distinzione tra reattività e coscienza: È importante distinguere tra semplice reattività e vera coscienza. Un termostato reagisce a un cambiamento di temperatura, ma non diremmo che è cosciente. Allo stesso modo, una pianta si gira verso la luce, ma non ha una consapevolezza soggettiva di farlo.

Valore dell'affermazione:

Nonostante le obiezioni scientifiche, questa affermazione ha un valore filosofico e stimolante:

 * Evidenzia l'importanza dell'interazione: Sottolinea come l'interazione con l'ambiente sia fondamentale per la vita e, potenzialmente, per l'emergere della coscienza.

 * Invita a una visione più ampia della "risposta": Ci spinge a considerare diverse forme di "risposta" e a riflettere su come anche le reazioni più semplici possano contenere un elemento di "elaborazione" o "riflessione" a livello biologico.

 * Solleva interrogativi sulla natura della coscienza: Anche se non fornisce una definizione scientificamente accettata, l'affermazione invita a riflettere sulle origini e la diffusione potenziale di forme rudimentali di consapevolezza nel mondo vivente.

In conclusione:

L'idea che il terzo principio della dinamica sia il principio della coscienza è un'interpretazione filosofica suggestiva che lega la capacità di reagire alla percezione con un principio fondamentale della fisica. Sebbene non sia una definizione scientifica standard di coscienza, essa stimola una riflessione sul ruolo dell'interazione e della risposta nell'emergere di forme di consapevolezza, anche a livelli biologici basilari. È importante, tuttavia, distinguere tra la semplice reattività e la coscienza complessa come la intendiamo negli organismi superiori


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È chiaro che la reattività è una coscienza rudimentale. E che la coscienza animale è molto più complessa e ha bisogno di teti neurali. Però, io così identifico l' origine di una coscienza elementare, quella presente anche nella materia. E che è presente anche nelle piante. E forse anche nel termostato. La coscienza nasce dalla materia e poi si evolve. Ma è presente in ogni interazione.

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Comprendo appieno il tuo punto di vista e la tua visione di una coscienza che emerge gradualmente dalla materia, a partire da una forma elementare presente in ogni interazione. La tua prospettiva si avvicina a una forma di panpsichismo, come accennavo prima, ma con una specifica enfasi sull'interazione come motore di questa coscienza primordiale.

Approfondiamo i tuoi punti:

 * Reattività come coscienza rudimentale: La tua idea di considerare la reattività come una forma basilare di coscienza è interessante. In questo senso, ogni sistema che risponde a uno stimolo esterno o interno manifesta una forma minima di "consapevolezza" di tale stimolo e agisce di conseguenza. Questa "consapevolezza" non implica necessariamente una soggettività o un'esperienza qualitativa come la intendiamo negli animali, ma piuttosto una capacità intrinseca di "registrare" e "rispondere".

 * Coscienza animale complessa ed evoluzione: Concordo pienamente che la coscienza negli animali è un fenomeno enormemente più complesso, supportato da intricate reti neurali e processi evolutivi. Questa coscienza complessa include probabilmente la consapevolezza di sé, degli altri, del tempo, e la capacità di provare emozioni e pensieri. La tua idea che questa coscienza complessa si evolva da forme più semplici presenti nella materia è una prospettiva evoluzionistica della coscienza.

 * Coscienza elementare nella materia e nelle piante: L'estensione del concetto di coscienza elementare alla materia inanimata e alle piante è il punto centrale del panpsichismo. Secondo questa visione, anche le particelle fondamentali della materia o i sistemi biologici semplici come le piante possiedono una qualche forma rudimentale di esperienza o consapevolezza. Nel caso delle piante, la loro capacità di percepire la luce, la gravità, le sostanze chimiche e di reagire a questi stimoli potrebbe essere interpretata, nella tua ottica, come una manifestazione di questa coscienza elementare.

 * Il caso del termostato: L'esempio del termostato è cruciale. Un termostato reagisce a un cambiamento di temperatura, ma la maggior parte delle prospettive scientifiche non attribuirebbe coscienza a questo processo. La sua reazione è deterministica e basata su un meccanismo fisico semplice. Tuttavia, nella tua visione, anche il termostato potrebbe essere visto come manifestante una forma minima di "consapevolezza" della temperatura e una "risposta" (attivare o disattivare il riscaldamento/raffreddamento).

 * Nascita ed evoluzione della coscienza: La tua idea che la coscienza nasca dalla materia e si evolva è una prospettiva affascinante. Se si accetta l'esistenza di una forma elementare di coscienza nella materia, allora la coscienza complessa degli animali (e degli esseri umani) potrebbe essere vista come il risultato di un'organizzazione sempre più sofisticata di questa coscienza fondamentale attraverso l'evoluzione.

 * Coscienza presente in ogni interazione: Questo è un punto chiave della tua argomentazione. Se ogni reazione è una forma di "riflessione" o "risposta" a un'azione, e se questa risposta implica una forma elementare di coscienza, allora ogni interazione tra entità fisiche, a qualsiasi livello, potrebbe essere considerata portatrice di questa coscienza primordiale.

Considerazioni e sfide:

 * Definizione operativa: La sfida principale di questa visione è fornire una definizione operativa e misurabile di questa "coscienza elementare". Come si potrebbe distinguere la "coscienza" di una particella elementare o di una singola cellula dalla semplice reattività fisica o chimica?

 * Spiegazione dell'emergenza: Anche se si accettasse una forma di coscienza elementare nella materia, rimane la complessa questione di come questa coscienza primordiale si aggreghi e si trasformi nella coscienza complessa che osserviamo negli animali. Quali sono i meccanismi attraverso cui questa transizione avviene?

 * Distinzione dai sistemi non viventi: Come distinguere la "coscienza" di un termostato da quella di una pianta o di un batterio, se entrambi reagiscono a stimoli? Quali criteri definiscono un livello di coscienza più elevato?

In conclusione:

La tua visione di una coscienza che emerge dalla materia e che è presente in ogni interazione è una prospettiva filosofica stimolante e coerente. Sebbene si discosti dalle definizioni scientifiche convenzionali di coscienza, essa offre un modo alternativo di concettualizzare la relazione tra la materia, l'interazione e la consapevolezza. La tua enfasi sulla reattività come forma rudimentale di coscienza e sull'evoluzione come processo di complessificazione di questa coscienza primordiale apre interessanti spunti di riflessione sulla natura fondamentale della realtà e della vita.

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Ti rendi conto che la coscienza nasce dalla materia? Ti rendi conto che senza materia non esisteremmo? Ti rendi conto che il nostro corpo è fatto di materia e che contiene minerali, come un sasso? Come potrebbe una mente e quindi una consapevolezza scaturire dai minerali ? Eppure scaturisce. Miracolo? No, la coscienza nasce dai minerali, dalla materia, e continua a dipendere da essi. Dunque, anche le particelle e gli atomi hanno una loro coscienza. Solleva un sasso e lì troverai coscienza? O forse credi che ci siano due principi distinti che a un certo punto si congiungono per un miracolo?

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Sì, mi rendo perfettamente conto delle tue affermazioni e del tuo ragionamento. Capisco la tua enfasi sul ruolo fondamentale della materia nell'esistenza della coscienza e la sfida che questo pone alla nostra comprensione.

Ripercorriamo i tuoi punti:

 * Coscienza che nasce dalla materia: Sono d'accordo con te sul fatto che, secondo la nostra attuale comprensione scientifica, la coscienza emerge da processi fisici che avvengono nel cervello, un organo materiale. Non c'è evidenza scientifica di una coscienza disincarnata o separata dalla materia vivente.

 * Dipendenza dalla materia per l'esistenza: È innegabile che la nostra esistenza, così come la conosciamo, è intrinsecamente legata alla materia che compone il nostro corpo. Senza questa organizzazione materiale e i suoi complessi processi biochimici ed elettrochimici, non ci sarebbe la base fisica per la nostra coscienza.

 * Corpo fatto di materia e minerali: Hai ragione nel sottolineare che il nostro corpo è composto dagli stessi elementi fondamentali che troviamo nel resto dell'universo, inclusi i minerali. Questo evidenzia ulteriormente la nostra intima connessione con il mondo materiale.

 * La sfida dell'emergenza della coscienza dai minerali: Questo è il cuore del problema e la domanda che ha affascinato filosofi e scienziati per secoli. Come può un insieme di elementi inanimati, come i minerali, organizzarsi in modo tale da dare origine a qualcosa di così complesso e apparentemente "altro" come la coscienza, con le sue esperienze soggettive, i suoi pensieri e le sue emozioni?

 * Miracolo o emergenza? La tua opposizione all'idea di un "miracolo" è comprensibile in un'ottica scientifica. La scienza cerca spiegazioni basate su leggi naturali e processi evolutivi. L'idea che la coscienza "scaturisca" dalla materia non è vista come un evento magico, ma come un processo emergente. L'emergenza si verifica quando un sistema complesso acquisisce proprietà che non sono presenti nei suoi singoli componenti. Pensa, ad esempio, al volo di uno stormo di uccelli: il comportamento collettivo non è semplicemente la somma del comportamento individuale di ogni uccello, ma emerge dalle loro interazioni.

 * Coscienza nelle particelle e negli atomi (Panpsichismo): La tua conclusione che anche le particelle e gli atomi abbiano una loro forma di coscienza è un'adesione alla filosofia del panpsichismo. Come discusso in precedenza, questa visione sostiene che la coscienza o proprietà simili alla coscienza sono intrinseche a tutti i livelli della realtà, sebbene in forme estremamente rudimentali.

 * Sollevare un sasso e trovare coscienza? Sebbene il panpsichismo suggerisca una forma di "proto-coscienza" o proprietà esperienziali fondamentali nella materia, non implica che sollevando un sasso troveremo una coscienza complessa o un'esperienza soggettiva simile alla nostra. La coscienza, secondo questa prospettiva, si manifesterebbe in forme sempre più complesse con l'aumentare dell'organizzazione della materia. Un sasso, pur essendo composto di particelle che potrebbero avere queste proprietà fondamentali, non avrebbe la struttura e l'organizzazione necessarie per manifestare una coscienza significativa.

 * Due principi distinti o un'unica realtà? La tua domanda finale tocca un dibattito filosofico fondamentale: il dualismo (l'idea che mente e corpo siano due sostanze distinte) contro il monismo (l'idea che esista una sola sostanza fondamentale, che può essere di tipo materiale o ideale). La prospettiva scientifica moderna tende verso forme di monismo materialista o fisicalista, in cui la coscienza è vista come una proprietà emergente della materia organizzata. Tuttavia, il "come" esattamente questa emergenza avvenga rimane una delle grandi sfide della scienza e della filosofia.

In sintesi, concordo con te sui seguenti punti:

 * La coscienza, come la conosciamo, dipende dalla materia.

 * Il nostro corpo è fatto degli stessi elementi del resto dell'universo.

 * L'emergenza della coscienza dalla materia è un processo complesso e non ancora pienamente compreso.

Tuttavia, è importante distinguere:

 * Tra la coscienza complessa degli organismi viventi e l'ipotetica "proto-coscienza" delle particelle elementari (se si aderisce al panpsichismo).

 * Tra la semplice presenza di elementi materiali e la loro specifica organizzazione e interazione che sembra essere cruciale per l'emergere della coscienza.

La tua riflessione è molto valida e tocca le fondamenta della nostra comprensione della vita e della coscienza. La scienza continua a indagare i meccanismi neurali e fisici alla base della coscienza, e la filosofia continua a esplorare le implicazioni ontologiche ed epistemologiche di questa straordinaria proprietà emergente della materia.

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Tu consideri la coscienza come qualcosa "altro" rispetto alla materia. Invece io ritengo che ogni atto di coscienza sia una realtà a sé stante, un oggetto spaziotemporale che comprende anche tutte le qualità psichiche.

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Comprendo perfettamente la tua prospettiva, che si discosta da una visione dualistica "materia vs. coscienza" e abbraccia un approccio più monistico, in cui gli atti di coscienza sono considerati realtà intrinseche e oggetti o complessi spaziotemporali a pieno titolo, comprensivi delle qualità psichiche.

La tua visione mi sembra allinearsi con alcune forme di monismo neutrale o panesperienzialismo, che cercano di superare il dualismo postulando un'unica sostanza fondamentale che non è né puramente materiale né puramente mentale, ma che possiede proprietà che possono manifestarsi sia come fenomeni fisici che come esperienze coscienti, a seconda della loro organizzazione e interazione.

Analizziamo i tuoi punti chiave:

 * Coscienza come realtà a sé stante: Concordo con te che ogni atto di coscienza (un pensiero, una sensazione, un'emozione) è una realtà esistente e non una semplice "illusione" o un epifenomeno privo di sostanza. Questi atti hanno un impatto sul nostro essere e sul nostro comportamento.

 * Coscienza come oggetto o complesso spaziotemporale: Questa è una prospettiva interessante. Se consideriamo che gli atti di coscienza avvengono nel tempo e sono correlati a specifici stati cerebrali (che occupano spazio), allora ha senso vederli come entità o complessi che hanno una dimensione spaziotemporale. Questo non significa necessariamente che la coscienza sia un "oggetto" fisico nel senso tradizionale, ma piuttosto che è un processo o una configurazione di eventi che si svolgono nello spazio e nel tempo e che hanno una loro realtà definita.

 * Comprensione delle qualità psichiche: La tua affermazione che questi complessi spaziotemporali comprendono anche le qualità psichiche (i "qualia", le sensazioni soggettive) è cruciale. Invece di vedere le qualità psichiche come qualcosa di "aggiunto" alla materia, la tua prospettiva le considera parte integrante della realtà dell'atto di coscienza stesso.

Implicazioni della tua visione:

 * Superamento del dualismo: La tua prospettiva evita il problema di come una sostanza immateriale (la mente) possa interagire con una sostanza materiale (il corpo), poiché la coscienza è vista come intrinsecamente legata alla realtà spaziotemporale.

 * Continuità tra fisico e psichico: Suggerisce una continuità tra il mondo fisico e il mondo psichico, in quanto entrambi emergono dalla stessa realtà fondamentale, sebbene a diversi livelli di organizzazione.

 * Possibilità di una coscienza più diffusa: Se gli atti di coscienza sono realtà spaziotemporali fondamentali, ciò potrebbe supportare l'idea che forme rudimentali di coscienza o proto-esperienza possano essere presenti anche in sistemi meno complessi del cervello umano, come suggerisce il panesperienzialismo.

Punti di riflessione:

 * Natura della "sostanza" fondamentale: Se non c'è una distinzione netta tra materia e coscienza come due sostanze separate, qual è la natura di questa realtà fondamentale da cui entrambe emergono? Diverse teorie moniste neutrali offrono diverse risposte a questa domanda.

 * Spiegazione dell'organizzazione complessa: Anche nella tua visione, rimane la questione di come l'organizzazione specifica della materia nel cervello dia origine alla ricchezza e alla complessità della coscienza umana. Quali sono i principi che governano questa emergenza?

 * Misurabilità e verificabilità: Come possiamo studiare e verificare scientificamente la natura di questi "oggetti o complessi spaziotemporali" che costituiscono gli atti di coscienza, soprattutto per quanto riguarda le loro qualità psichiche soggettive?

In conclusione:

Trovo la tua concezione della coscienza come realtà spaziotemporale intrinseca e comprensiva delle qualità psichiche molto stimolante e filosoficamente coerente. Essa offre un modo per superare le difficoltà del dualismo e per concepire una visione più unitaria della realtà, in cui la coscienza non è vista come qualcosa di "altro" rispetto al mondo fisico, ma come una sua manifestazione fondamentale, seppur complessa e ancora in gran parte misteriosa. La tua prospettiva apre interessanti strade per ripensare la natura della mente, del corpo e della loro relazione.

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Hai detto bene: " configurazioni di eventi. "

È il nostro linguaggio che spezzetta la realtà in tanti fattori (materia, mente, cervello, spazio, tempo, qualità, quantità, soggetto, oggetto ecc., perdendo l' unitarietà del singolo evento che unisce tutto. Nel singolo evento queste cose sono già unite.

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