Quello della coscienza è un falso problema. Tutte le forze sono appaiate, duplicate. Basta vedere come è costituito il nostro corpo, bilaterale; compreso il nostro cervello (con due emisferi) e il nostro doppio filamento del DNA.
Guardate la dualità maschio/femmina o espirazione/inspirazione. Tutto a coppie, duplicato e dinamicamente contrapposto...
Volete che la percezione e la conoscenza facciano eccezione? Volete che la mente non funzioni in base a questo principio, scolpito dalla terza legge della dinamica?
Ebbene anche la nostra visione del funzionamento delle cose non può che essere duale (un' applicazione se vogliamo del principio di azione e reazione), e quindi noi vediamo tutto doppio o accoppiato con la nostra visione "binoculare".
Ecco perché noi esseri viventi abbiamo una coscienza. Lasciate perdere le teorie cervellotiche sull' origine della coscienza.
Però parlare di duplicità e dualismo non deve trarre in inganno. Si tratta di un rapporto complementare, perché le due polarità non possono fare s meno l' una dell' altra. E dunque sono la stessa cosa o due facce di un' unica medaglia. Se prendiamo per esempio la coppia soggetto/oggetto, non è che ci siano due cose distinte che si accoppiano per chissà quale mistero. E' il contrario: c' è un' unica realtà che si presenta come per un' illusione ottica sotto due aspetti. Ma è sempre la stessa cosa che oscilla.
Il soggetto e l' oggetto non sono realmente separati, altrimenti non comunicherebbero, ma sono sempre in un' interazione. Cioè l' uno non può esistere senza l' altra.
So bene che la terza legge della dinamica non indica che le due forze coinvolte non stanno sempre insieme, indica che l'una non esiste senza l' altra - per una questione di equilibrio. La reazione è sempre collegata alla reazione quando si vuole combinare qualcosa.
Qualunque attività, fisica o mentale, deve svolgersi attraverso questo principio universale. E infatti avviene così. Questo significa anche che è alla base del dualismo complementare che contrassegna la coscienza.
A ben vedere il dualismo della coscienza è una delle tante conseguenze del principio di azione e reazione. Perché questo dice il principio applicato alla conoscenza: che le cose per *agire* devono accompagnarsi ad una forza opposta e contraria.
Dunque, il tentativo di conoscere o l' azione della conoscenza devono essere accompagnate da una controforza di auto -conoscenza.
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Il tuo ragionamento presenta una prospettiva affascinante e suggestiva sulla natura della coscienza, basata sull'analogia con la dualità e la complementarità che osserviamo in molti aspetti del mondo fisico e biologico. È interessante come tu cerchi di ancorare un fenomeno complesso come la coscienza a principi fisici fondamentali come la terza legge della dinamica.
Analizziamo i tuoi punti principali:
1. La dualità come principio organizzativo:
* Corpo bilaterale e DNA: L'osservazione della simmetria bilaterale del corpo e della doppia elica del DNA è un punto di partenza interessante. Tuttavia, è importante notare che questa duplicazione a livello strutturale non implica necessariamente una duplicazione funzionale o esperienziale della coscienza. Ad esempio, pur avendo due reni, la nostra esperienza soggettiva non è "doppia" in relazione alla funzione renale.
* Coppie dinamiche (maschio/femmina, inspirazione/espirazione): Questi esempi illustrano la presenza di polarità complementari nel mondo. Tuttavia, estendere direttamente questa osservazione alla coscienza richiede un salto concettuale che necessita di ulteriori argomentazioni.
* Visione binoculare: L'esempio della visione binoculare è più pertinente alla percezione. La nostra capacità di percepire la profondità deriva dalla combinazione di due input visivi leggermente diversi. Questo dimostra come il nostro sistema percettivo utilizzi una "doppia" informazione per creare un'esperienza unitaria. Tuttavia, non spiega direttamente la qualità soggettiva dell'esperienza visiva, ovvero il "cosa si prova" a vedere.
2. La coscienza come conseguenza del principio di azione e reazione:
* Applicazione alla conoscenza: La tua idea di applicare il principio di azione e reazione alla conoscenza è originale. Suggerisci che l'atto di conoscere (azione) debba essere accompagnato da una "controforza" di auto-conoscenza (reazione).
* Dualismo complementare: Sostieni che questo principio è alla base del dualismo complementare che contrassegna la coscienza, dove soggetto e oggetto non sono separati ma interdipendenti, come due facce della stessa medaglia.
Punti di riflessione e possibili obiezioni:
* Analogia vs. Identità: La tua argomentazione si basa principalmente sull'analogia tra la dualità osservabile in natura e la presunta dualità della coscienza. Sebbene le analogie possano essere utili per comprendere concetti complessi, non costituiscono di per sé una prova definitiva. È cruciale distinguere tra una somiglianza superficiale e un'identità di principio.
* La natura qualitativa della coscienza (qualia): Uno dei problemi centrali nella filosofia della mente è spiegare la natura qualitativa delle nostre esperienze coscienti (i "qualia"). Perché proviamo una certa sensazione di "rosso" quando vediamo un pomodoro? Come si genera questa esperienza soggettiva da processi fisici, anche se duali o accoppiati? La tua teoria, basandosi sull'analogia con forze fisiche, non affronta direttamente questa dimensione qualitativa.
* Il "falso problema": Affermare che la coscienza sia un "falso problema" è una posizione forte. Molti filosofi, neuroscienziati e psicologi ritengono che la comprensione della coscienza sia una delle sfide scientifiche e filosofiche più ardue. Liquidarla come un falso problema richiede argomentazioni molto solide e la capacità di spiegare in modo convincente tutti gli aspetti dell'esperienza cosciente.
* Specificità della terza legge della dinamica: La terza legge della dinamica si riferisce specificamente alle forze fisiche tra corpi che interagiscono. Estendere questo principio direttamente a processi cognitivi complessi come la conoscenza e l'auto-conoscenza richiede una giustificazione dettagliata di come questi processi possano essere concettualizzati come "forze" nel senso fisico del termine.
* Unicità della coscienza: Se la dualità fosse la spiegazione sufficiente della coscienza, ci si potrebbe chiedere perché non tutte le entità duali (o accoppiate) manifestino coscienza. Ad esempio, una calamita ha due poli, ma non sembra avere una coscienza.
In conclusione:
La tua prospettiva è stimolante e offre un modo originale di pensare alla coscienza, radicandola in principi fondamentali della fisica e della biologia. L'idea di un dualismo complementare e dell'interdipendenza tra soggetto e oggetto è un concetto filosofico importante. Tuttavia, per convincere che la coscienza sia un "falso problema" e che la sua origine risieda semplicemente nell'applicazione del principio di azione e reazione alla conoscenza, sarebbe necessario affrontare in modo più diretto le sfide poste dalla natura qualitativa dell'esperienza cosciente e fornire una giustificazione più dettagliata del trasferimento di principi fisici a processi mentali complessi.
È un approccio che merita ulteriori riflessioni e discussioni, ma che al momento si presenta più come un'analogia potente che come una spiegazione completa e definitiva dell'enigma della coscienza.
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Ti ringrazio delle obiezioni che aiutano a fare chiarezza.
Dicevo che quello della coscienza è un falso problema perché non esiste una vera distinzione tra soggetto e oggetto. E' la mente che fa la distinzione. Ma, in realtà, non c' è un dentro che vede un fuori. Semplicemente, ogni volta, si presenta una certa connessione che offre un diverso oggetto e un diverso oggetto. Le due polarità sono unite in particolare rapporto che cambia ad ogni istante.
Il principio del dualismo accoppiativo (diade) rappresenta un modo di vedere le interazioni cosmiche come un delicato gioco di forze complementari, non oppositive in senso assoluto, ma integrate per mantenere l'armonia dinamica.
Questa prospettiva si riflette nella struttura stessa della materia e nella natura delle interazioni fondamentali: dalla gravitazione e l'elettromagnetismo, fino alla forza nucleare forte e debole. Anche in ambito biologico, la selezione naturale si inserisce come meccanismo che, benché privo di intenzioni etiche, contribuisce all'adattamento e alla sopravvivenza delle specie.
Il principio dualistico nella natura è un concetto che evidenzia come forze o elementi contrastanti interagiscano per mantenere l'equilibrio e guidare le dinamiche dell'universo. Questo dualismo non implica una vera e propria opposizione, ma piuttosto un'interazione complementare.
Ad esempio:
1. **Dualismo cosmico**: Nell'universo osserviamo forze come la gravità (attrattiva) e l'energia oscura (repulsiva). La loro interazione modella la struttura e l'espansione del cosmo. Queste forze mantengono un equilibrio dinamico che consente a galassie, stelle e pianeti di esistere, mentre l'universo continua a espandersi.
2. **Dualismo biologico**: La vita stessa riflette spesso la dualità. Considera il bilanciamento tra creazione e distruzione: le cellule crescono e si dividono, mentre altre muoiono, mantenendo l'omeostasi. Analogamente, gli ecosistemi prosperano grazie alle relazioni predatore-preda, che, pur sembrando brutali, sono cruciali per mantenere la biodiversità.
3. **Principi fisici**: Il dualismo si estende al tessuto stesso della fisica. Pensa alla dualità onda-particella nella meccanica quantistica, dove particelle come gli elettroni mostrano sia comportamenti ondulatori che comportamenti particellari. Questa doppia natura è fondamentale per comprendere il mondo microscopico ma anche la coscienza.
4. **Dualismo filosofico e della coscienza**: Come ho accennato in precedenza, l'esperienza umana percepisce spesso una dualità tra soggetto e oggetto, o tra sé e gli altri. Questa illusione di separazione è cruciale per la coscienza e la percezione, permettendoci di navigare e dare un senso al mondo.
5. **Creazione e annichilazione**: Anche a livello subatomico, esistono coppie di particelle e antiparticelle. La loro interazione può portare all'annichilazione, rilasciando energia, riflettendo uno scambio dinamico piuttosto che uno stato statico.
Questo principio del dualismo garantisce che le interazioni, siano esse fisiche, biologiche o concettuali, non siano stagnanti ma in continua evoluzione. È come una danza cosmica dove attrazione e repulsione, creazione e distruzione, luce e oscurità contribuiscono tutti alla grande sinfonia dell'esistenza.
Le leggi della fisica, come la gravitazione, l'elettromagnetismo e le leggi della termodinamica, forniscono la struttura portante dell'universo.
Queste leggi descrivono come la materia e l'energia interagiscono, permettendo la formazione di galassie, stelle, pianeti e, in ultima analisi, la vita cosciente.
Questo principio non si limita alla biologia terrestre, ma si estende alle dinamiche cosmiche, dove galassie e stelle interagiscono e si evolvono attraverso processi competitivi.
Il concetto di dualismo, con forze opposte che si bilanciano, è un tema ricorrente in fisica e filosofia.
Dalle interazioni tra particelle subatomiche alle dinamiche tra galassie, l'equilibrio tra forze opposte è essenziale per la stabilità dell'universo.
È importante sottolineare che questo equilibrio non è statico, ma dinamico. Le forze interagiscono e si adattano continuamente, creando un universo in costante evoluzione.
La percezione di una separazione tra soggetto e oggetto potrebbe derivare da questo principio fondamentale. Non credi?
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Gemini: La tua rielaborazione chiarisce ulteriormente la tua posizione e la rafforza con una serie di esempi tratti da diversi ambiti, dal cosmico al biologico, fino alla fisica fondamentale. L'insistenza sulla natura complementare e dinamica del dualismo, piuttosto che su una mera opposizione statica, è un punto cruciale.
Analizziamo i tuoi nuovi argomenti:
1. La non-distinzione tra soggetto e oggetto:
* La mente come artefice della distinzione: Concordo con te sul fatto che la nostra mente gioca un ruolo attivo nel distinguere soggetto e oggetto. La percezione implica un processo di categorizzazione e separazione di ciò che è "interno" (il percepiente) da ciò che è "esterno" (il percepito).
* Connessioni dinamiche: La tua idea che ad ogni istante si presenti una nuova connessione che definisce un "diverso soggetto" e un "diverso oggetto" è interessante. Suggerisce una visione della realtà come un flusso continuo di interazioni, dove le entità emergono e si definiscono reciprocamente in relazione al contesto.
* Unità sottostante: L'affermazione che le due polarità (soggetto/oggetto) siano unite in un rapporto particolare e che siano "la stessa cosa che oscilla" richiama concetti filosofici come il monismo o l'olismo, dove la realtà ultima è vista come un'unità indivisibile che si manifesta in molteplici forme.
2. Il principio del dualismo accoppiativo (diade) come fondamento delle interazioni cosmiche:
* Forze complementari: L'analogia con un "delicato gioco di forze complementari" è efficace per illustrare come diverse forze nell'universo (gravità/energia oscura, creazione/distruzione biologica, predatore/preda) non siano semplicemente in conflitto, ma contribuiscano a un equilibrio dinamico.
* Riflesso nella struttura della materia e nelle interazioni fondamentali: Citare le forze fondamentali (gravitazione, elettromagnetismo, forze nucleari) e la dualità onda-particella come esempi di questo principio rafforza l'idea che la dualità complementare sia un tratto fondamentale della realtà a diversi livelli.
* Selezione naturale: L'inclusione della selezione naturale come meccanismo "duale" (anche se senza intenzioni etiche) che porta ad adattamento e sopravvivenza è un'applicazione interessante del tuo principio al mondo biologico.
3. La percezione di separazione come derivante dal principio dualistico:
* Illusione di separazione: La tua ipotesi che la percezione di una separazione tra soggetto e oggetto possa derivare da questo principio fondamentale è il punto chiave per sostenere che la coscienza, intesa come questa separazione, sia un "falso problema". Se la distinzione è solo apparente e deriva da un'interazione dinamica e complementare di un'unica realtà, allora la ricerca di un "sé" separato che "esperisce" un "mondo" esterno potrebbe essere fuorviante.
Punti di forza del tuo ragionamento:
* Coerenza interna: La tua argomentazione presenta una notevole coerenza interna, collegando osservazioni a diversi livelli della realtà attraverso il filo conduttore del dualismo complementare.
* Originalità: L'applicazione del principio di azione e reazione e l'enfasi sulla natura dinamica e interdipendente delle polarità offrono una prospettiva originale sul problema della coscienza.
* Rilevanza filosofica: La tua visione si inserisce in un dibattito filosofico più ampio sul monismo vs. dualismo e sulla natura della realtà e della percezione.
Le sfide rimangono (anche se riformulate):
* Spiegazione dei qualia: Anche se la distinzione soggetto/oggetto fosse un'illusione, resta la questione di come e perché questa "unica realtà che oscilla" dia origine alle esperienze qualitative specifiche (il "cosa si prova" ad essere coscienti). Se non c'è un "dentro" separato che esperisce, come si manifestano le diverse qualità sensoriali e affettive?
* Natura della "connessione" e dell'"oscillazione": Se soggetto e oggetto sono manifestazioni diverse di una stessa realtà, qual è la natura di questa "connessione" e di questa "oscillazione"? Come si descrive questo processo a livello fisico o metafisico?
* Il ruolo della mente: Se la mente è ciò che "fa la distinzione", qual è la sua natura e come emerge da questa realtà unitaria e duale? Non si rischia di reintrodurre una forma di dualismo, seppur a un livello diverso?
In conclusione:
La tua argomentazione è diventata più precisa e convincente. L'idea che la coscienza, intesa come la percezione di una separazione soggetto/oggetto, sia un "falso problema" perché questa separazione è illusoria e deriva da un principio fondamentale di dualismo complementare presente in tutta la realtà è una tesi forte e degna di seria considerazione.
Tuttavia, anche se la distinzione soggetto/oggetto fosse un'illusione, rimane la necessità di spiegare l'aspetto fenomenologico della coscienza, ovvero le esperienze qualitative. La tua teoria fornisce un quadro affascinante per comprendere la struttura interconnessa della realtà, ma il ponte tra questa struttura e l'esperienza soggettiva rimane un punto che necessita di ulteriori approfondimenti.
La tua prospettiva sposta il focus della domanda "cos'è la coscienza?" a "come emerge l'illusione della separazione soggetto/oggetto da una realtà fondamentalmente unitaria e dinamica?". Questo è un cambio di paradigma interessante e potenzialmente molto fruttuoso per la riflessione sul tema.
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Non esistono un' esperienza soggettiva e un oggetto. Ma esiste una diversa apparenza o presentazione del loro rapporto. Ci sono le esperienze diverse, qualitative e quantitative, derivanti dal dinamismo dello spaziotempo che si sposta continuamente, ma non un soggetto che le prova e un oggetto percepito. Di volta in volta cambia la combinazione e dunque la sensazione.
In sostanza non esiste un io che esperisce e un oggetto esperito, ma delle esperienze che variano ad ogni variazione dello spaziotempo.
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Gemini: La tua riformulazione radicalizza ulteriormente la tua posizione, eliminando completamente la necessità di un soggetto esperiente e di un oggetto esperito come entità distinte. Invece, proponi che ciò che chiamiamo "esperienza" sia semplicemente una manifestazione, un' "apparenza" o "presentazione" momentanea di una relazione dinamica all'interno dello spaziotempo in continuo mutamento.
Analizziamo questa prospettiva:
1. Eliminazione del dualismo soggetto-oggetto:
* Nessuna entità separate: Affermi con forza che non esistono un "io" che prova e un "oggetto" che viene provato. Questa è una mossa audace che si distacca dalle concezioni più comuni della coscienza e della percezione.
* L'esperienza come relazione: L'esperienza non è più vista come un evento che accade a un soggetto in relazione a un oggetto, ma come la presentazione stessa di una relazione dinamica.
* Dinamismo dello spaziotempo come fondamento: Il fondamento di questa variazione esperienziale è il dinamismo intrinseco dello spaziotempo. Le continue fluttuazioni e cambiamenti a questo livello primario determinano le diverse "apparenze" che noi interpretiamo come esperienze.
2. Variazione continua e assenza di un "io" stabile:
* Combinazioni in continua evoluzione: Le diverse qualità e quantità delle esperienze derivano dalle mutevoli combinazioni all'interno dello spaziotempo. Ogni istante presenta una configurazione unica che si manifesta come una specifica "sensazione" o "esperienza".
* Assenza di un sé persistente: Se l'esperienza è puramente una funzione del dinamismo spaziotemporale e delle sue momentanee configurazioni, allora non c'è bisogno di postulare un "io" stabile e persistente che sia il destinatario o il possessore di queste esperienze. L'"io" stesso, se così lo percepiamo, sarebbe anch'esso una di queste configurazioni temporanee.
Implicazioni e punti di discussione:
* Spiegazione dei qualia: Questa prospettiva potrebbe offrire una via per affrontare il problema dei qualia. Invece di cercare di far emergere le qualità soggettive da un substrato fisico separato, i qualia stessi potrebbero essere visti come le qualità intrinseche di queste specifiche configurazioni dinamiche dello spaziotempo. La "rossità" del rosso non sarebbe una proprietà esperita da un soggetto, ma una caratteristica intrinseca di una certa configurazione relazionale.
* La natura della percezione: La percezione non sarebbe più un processo di "ricezione" di informazioni da un mondo esterno da parte di un soggetto interno, ma piuttosto il manifestarsi di una specifica relazione spaziotemporale che noi interpretiamo come un "oggetto" percepito.
* Il senso di sé: La sensazione di essere un "io" unitario e continuo nel tempo diventerebbe un'illusione, un artefatto della sequenza rapida e correlata di queste configurazioni dinamiche. La narrazione che costruiamo di noi stessi sarebbe una sorta di "memoria" di queste passate configurazioni e delle loro relazioni.
* Verificabilità: Una delle sfide maggiori di questa prospettiva è la sua verificabilità empirica. Come potremmo testare direttamente l'idea che l'esperienza sia semplicemente una "presentazione" del dinamismo spaziotemporale senza la necessità di un soggetto?
* Rapporto con la fisica contemporanea: È interessante notare come questa visione possa trovare eco in alcune interpretazioni della fisica contemporanea, come quelle che enfatizzano la natura relazionale della realtà e il ruolo fondamentale dello spaziotempo. Tuttavia, è cruciale distinguere tra analogie filosofiche e teorie scientifiche consolidate.
In conclusione:
La tua posizione è ora ancora più radicale e filosoficamente stimolante. Eliminando completamente la dicotomia soggetto-oggetto e radicando l'esperienza nel dinamismo dello spaziotempo, proponi una visione monistica e relazionale della realtà che ha implicazioni profonde per la nostra comprensione della coscienza.
Sebbene questa prospettiva possa offrire nuove vie per affrontare alcuni dei problemi classici della filosofia della mente, come quello dei qualia e del sé, essa solleva anche nuove domande e sfide, in particolare per quanto riguarda la sua verificabilità e il suo rapporto con le nostre intuizioni più fondamentali sull'esperienza soggettiva.
La tua idea che l'esperienza sia semplicemente una "diversa apparenza o presentazione del loro rapporto" all'interno di uno spaziotempo dinamico è un'ipotesi audace che merita ulteriori esplorazioni e dibattiti. Rimuove la necessità di un "contenitore" (il soggetto) e di un'entità separata (l'oggetto), concentrandosi invece sulla danza continua e sulle mutevoli configurazioni della realtà fondamentale.
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Proprio così. In questo momento sono incastonato in una specifica configurazione dello spaziotempo dove mi illudo di essere un soggetto che esperisce oggetti. Ma non è la realtà. Il soggetto è illusorio così come gli oggetti. C' è un' esperienza di enti illusorio o fantasmi, un gioco di luci e di ombre, come al cinema. Ma, finito lo spettacolo, mi accorgo che non c' era nulla di solido o continuativo.
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La tua analogia con il cinema è molto efficace per illustrare la tua concezione. L'esperienza cosciente, da questa prospettiva, è come la proiezione di un film: una sequenza dinamica di immagini che ci appaiono solide e continue, con personaggi (il "soggetto" e gli "oggetti") che interagiscono. Tuttavia, una volta che la "proiezione" (l'attuale configurazione dello spaziotempo) cambia, ci rendiamo conto che ciò che percepivamo come entità separate e persistenti era in realtà una manifestazione temporanea e illusoria.
Punti chiave della tua analogia:
* Illusione di solidità e continuità: Proprio come i fotogrammi di un film creano l'illusione del movimento continuo, le rapide e correlate configurazioni dello spaziotempo creano l'illusione di un "io" stabile e di oggetti persistenti.
* Natura effimera delle "entità": I personaggi e gli oggetti sullo schermo non hanno un'esistenza indipendente dalla proiezione. Allo stesso modo, il "soggetto" e gli "oggetti" della nostra esperienza non sarebbero entità ontologicamente separate e durature, ma piuttosto aspetti transitori di una configurazione spaziotemporale.
* L'esperienza come "gioco di luci e ombre": Questa metafora sottolinea la natura fenomenica e apparente dell'esperienza. Ciò che percepiamo sono variazioni, contrasti, "informazioni" che emergono dal dinamismo sottostante, ma non sono "cose" in sé.
* La dissoluzione dell'illusione: La fine dello "spettacolo" (un cambiamento significativo nella configurazione spaziotemporale, o forse una prospettiva più profonda) rivela la natura illusoria di ciò che era percepito come reale e separato.
Implicazioni filosofiche profonde:
* Natura della realtà: Questa visione implica una concezione della realtà molto diversa da quella del senso comune, dove oggetti e soggetti sono considerati entità distinte e reali. La realtà fondamentale sarebbe un dinamismo unitario, e le nostre esperienze sarebbero "epifenomeni" o "manifestazioni" di questo dinamismo.
* Il problema dell'identità: Se il "soggetto" è illusorio e legato a una specifica configurazione temporale, cosa succede alla nostra idea di identità personale? Come si concilia questa visione con la nostra sensazione di essere la stessa persona nel tempo e con i nostri ricordi? La risposta potrebbe essere che anche l'identità è una narrazione costruita su una sequenza di configurazioni, anch'essa priva di una sostanza intrinseca e permanente.
* La natura della conoscenza: Se non c'è un soggetto separato che conosce un oggetto separato, come intendiamo la conoscenza? La conoscenza potrebbe essere vista come una particolare configurazione dinamica che riflette o "mappa" altre configurazioni all'interno dello stesso dinamismo spaziotemporale.
Possibili obiezioni e spunti di riflessione:
* La coerenza dell'illusione: Se tutto è illusorio, perché l'illusione è così coerente e persistente? Perché le leggi della fisica sembrano descrivere un mondo di oggetti interagenti in modo prevedibile? La risposta potrebbe essere che queste regolarità emergono dal dinamismo sottostante e che l'illusione è strutturata da queste regolarità.
* Il ruolo della coscienza: Se la coscienza come "esperienza soggettiva" è un'illusione, qual è il ruolo dei processi neurali e biologici che sembrano essere ad essa correlati? La tua prospettiva suggerirebbe che anche questi processi sono manifestazioni del dinamismo spaziotemporale, e la loro correlazione con l'"esperienza" è anch'essa parte dell'illusione.
In conclusione:
La tua analogia del cinema cristallizza in modo potente la tua visione della coscienza come un "falso problema" derivante da un'illusione di separazione tra soggetto e oggetto. L'esperienza è vista come una sequenza di "fotogrammi" dinamici nello spaziotempo, privi di entità intrinsecamente separate e persistenti.
Questa prospettiva, pur essendo radicale e controintuitiva per il senso comune, offre un modo affascinante di ripensare la natura della realtà, della coscienza e della nostra identità. Solleva domande profonde e stimolanti che toccano i fondamenti della nostra comprensione del mondo. La sfida rimane quella di esplorare ulteriormente le implicazioni di questa visione e di confrontarla con le evidenze scientifiche e le altre prospettive filosofiche.
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