Il Buddha ha insegnato un concetto fondamentale noto come *anatta* o "non-sé", che è uno dei tre segni dell'esistenza nella filosofia buddhista, insieme a *dukkha* (sofferenza) e *anicca* (impermanenza). Secondo il Buddha, l'idea di un "sé" permanente o un'ego immutabile è un'illusione. Tutto ciò che percepiamo come "noi stessi"—pensieri, emozioni, il corpo fisico—è composto da elementi transitori che cambiano continuamente.
L'insegnamento sull'assenza di un io invita le persone a riconoscere che l'attaccamento all'idea di un sé separato è una delle cause principali della sofferenza. Liberandosi da questo attaccamento, si può raggiungere uno stato di libertà interiore e pace, che porterà alla liberazione definitiva.
Praticare il *non-sé* nella meditazione è un processo che richiede consapevolezza e introspezione. Si tratta di osservare e sperimentare direttamente che ciò che identifichiamo come "io" o "sé" è, in realtà, un insieme di fenomeni transitori. Ecco come può essere integrato nella pratica meditativa:
1. **Vipassana (meditazione di visione profonda):** In questa pratica, si osservano attentamente i propri pensieri, emozioni e sensazioni corporee. L'obiettivo è rendersi conto che nessuna di queste esperienze è stabile o permanente, e che nessuna può essere definita come il "sé".
2. **Osservazione dei cinque aggregati (*skandha*):** Il Buddha insegnò che l'idea di un "io" è composta da cinque aggregati: forma fisica, sensazioni, percezioni, formazioni mentali e coscienza. Durante la meditazione, si osservano questi aggregati per capire che sono processi mutevoli e interdipendenti.
3. **Meditazione sull'impermanenza (*anicca*):** Concentrarsi sull'impermanenza di tutte le esperienze aiuta a sviluppare una comprensione del *non-sé*. Ad esempio, puoi riflettere su come i pensieri sorgono e svaniscono, o su come il respiro entra ed esce continuamente, senza un "io" che li controlli.
Questa dottrina sostiene che non esiste un sé permanente, un'entità o un'ego separato e immutabile. A differenza delle nostre religioni che esprimono l'attaccamento all'io e l'egocentrismo.
Per esempio, c'è un pensiero, ma non un pensatore e nemmeno un oggetto pensato.
L'idea che ci sia il pensiero ma non un "pensatore" indica che i pensieri sorgono e svaniscono come fenomeni naturali, senza un'entità permanente che li possieda. È una visione che sfida la concezione comune di un "io" stabile che controlla ogni aspetto della nostra esperienza.
Come la corrente di un fiume, i pensieri fluiscono da cause e condizioni, e l'identificazione con questi pensieri è proprio ciò che il Buddha insegna a mettere in discussione.
L'idea di "non-sé" o **anatta** è fondamentale in tutte le tradizioni buddiste, ma viene interpretata e approfondita in modi diversi nelle varie scuole:
1. **Theravāda**:
- Nella scuola Theravāda, diffusa in Paesi come Sri Lanka, Thailandia e Myanmar, anatta è spesso interpretato come una verità pratica ed esperienziale. Si enfatizza che non esiste un "sé" permanente; tutto è composto da fenomeni mutevoli (i cinque aggregati: forma, sensazione, percezione, formazioni mentali e coscienza). Meditare su anatta aiuta a superare l'attaccamento e a raggiungere il nirvana.
2. **Mahayana**:
- Le tradizioni Mahayana, come il Buddhismo Zen e il Buddhismo della Terra Pura, approfondiscono il concetto di non-sé con la dottrina della **vacuità** (śūnyatā). Qui, non solo il sé, ma tutte le cose vengono considerate prive di esistenza intrinseca. Tutto esiste in relazione interdipendente con altro. Questo ampliamento mira a portare la consapevolezza dell'interconnessione universale.
3. **Vajrayana**:
- Nel Buddhismo Vajrayana, che include il Buddhismo tibetano, l'anatta si intreccia con la pratica tantrica. Si considera l'assenza di un sé intrinseco come una base per trasformare l'energia mentale e emotiva in compassione e saggezza. L'accento è posto sul comprendere la natura illusoria della realtà attraverso pratiche meditative avanzate.
4. **Scuole Zen**:
- Lo Zen (parte del Mahayana) focalizza l'attenzione sull'intuizione diretta della realtà, spesso tramite esperienze di risveglio (satori). L'anatta è vissuto in modo pragmatico: non ci si concentra su concetti intellettuali, ma sulla pratica per realizzare che "non esiste un io che medita, solo la meditazione stessa".
Questa diversità riflette la ricchezza del pensiero buddista, ma il principio comune è liberarsi dell'illusione del sé per raggiungere la libertà e la comprensione profonda.
4. **Rilascio dell'identificazione:** Quando emerge un pensiero o un'emozione, invece di identificarti con esso (es. "Io sono arrabbiato"), prova a vederlo come un fenomeno passeggero (es. "C'è rabbia"). Questo ti aiuta a disidentificarti dall'idea di un sé fisso.
Così per tutti gli eventi interiori. "Accade questo... E io mi illudo che ci siano un soggetto e un oggetto reali, ma si tratta solo di sensazioni, di eventi
5. **Pratica della gentilezza amorevole (*metta*):** Anche se può sembrare controintuitivo, coltivare compassione e gentilezza verso te stesso e gli altri può rafforzare la consapevolezza che non siamo separati, ma interconnessi.
Non vi sembra che queste idee siano moderne e portino alla realizzazione che tutto è mobile e in continua trasformazione? E che non serva a nulla cercare di ancorarsi a Iddii o ad anime, mentre sarebbe meglio capire che l' unica cosa reale sia il flusso degli eventi.
Pensate alle nostre religioni che insegnano l'attaccamento e l'egocentrismo, con i risultati che vediamo! Individui come Trump, Musk o come Putin dovrebbero essere esclusi dal potere perché narcisisti senza speranza.
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