Ridurre la
trascendenza al concetto di Dio è quanto di più semplicistico ci possa essere,
addirittura un atto primitivo, un atto da scimmia antropomorfa che ricerca il
capo-branco.
Il problema è che la nostra mente ha già
operato una riduzione di senso quando ha pensato Dio. Tutto sommato, quando gli
dei erano numerosi e rappresentavano forze della natura o caratteristiche
umane, con tutta la loro ambiguità, si era più vicini alla realtà. Ma poi si è
introdotta una specie di dittatura della ragione, che ha voluto “misurare”
l'Origine di tutto e darle un'interpretazione umana. Ci si è dimenticati che –
come diceva il Tao Te Ching - “il cielo e la terra sono inumani”.
Così è nato il Dio delle religioni monoteistiche, sempre
più lontano dalla trascendenza.
La trascendenza non può avere un senso
definito, chiuso, delimitato. Ma è piena di ambiguità, di ambivalenze, di
incertezze, di contraddizioni, è dinamica, mossa... non segue per niente la
nostra logica dittatoriale. Non è un padre, non è un dittatore, che si è
fissato una volta per tutte in modo univoco. Se fosse così, che creatore
sarebbe? Sarebbe un piccolissimo Dio.
La stessa operazione di riduzione e di
imposizione di un senso definito e univoco è stata fatta sull'io, che ha perso
così la sua multi-valenza per fissarsi in un ego roccioso, che è una vera e
propria prigione nella quale ci siamo chiusi.
La
trascendenza è al di là della mente dualistica, con le nostre distinzioni
bene-male, giusto-sbagliato, origine-fine, causa-effetto, ecc. Dimentichiamoci
gli idoli che ci siamo costruiti e proviamo a “ragionare” in tal senso.
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