domenica 26 gennaio 2020

Le varie vie della meditazione


Abbiamo tanti modi per indicare le vie e i tipi di meditazione: possiamo parlare di samatha (quiete), di vipassana (visione profonda), di shikantaza (stare seduti), di zen, di anapanasati (seguire il respiro), di dzoghchen (una scuola del buddhismo tibetano), di bhavana (sviluppo della mente), di dhyana, di yoga della mente, di presenza mentale, di sati e di altre ancora. Ma che cosa hanno in comune questi metodi?
Tutti hanno in comune lo sviluppo della consapevolezza, dando per scontato che la qualità della nostra vita concreta e la qualità della nostra vita spirituale dipendano dal livello della nostra consapevolezza. Ora, questo livello si può sviluppare attraverso varie pratiche.
Per esempio, se me ne sto in silenzio e fermo, la mia sensibilità aumenta e posso capire e ascoltare più cose, sia del mondo sia di me stesso.
Per spiegare questo processo, si può usare la metafora dell’ascolto oppure quella della visione: in meditazione si possono vedere più cose.
Questo è il primo scopo della meditazione: recepire, ascoltare, accogliere, vedere o capire tante cose che, nella confusione e nel chiasso abituali, finiamo per trascurare. Il mondo sociale è pieno di rumori e di disturbi di ogni genere, e sembra avere come scopo più l’ottundimento che la chiarezza.
Nella nostra lingua, la parola meditazione indica la riflessione, ma la meditazione orientale invita prima di tutto all’attenzione. E l’attenzione, nel momento in cui avviene, mette a tacere ogni altro interesse, ogni distrazione, ogni pensiero. Se sulla mia strada compare una bellissima donna, in quel momento non penso ad altro e sono concentrato solo su quella visione.
In quella intensa concentrazione, vedo particolari che, nella mia distrazione abituale, mi sfuggirebbero. Inoltre, in quel momento, mi dimentico di ogni altro pensiero. E sono gioioso.
L’esempio ci dice che questa forma di piacevole concentrazione comporta una focalizzazione, una unificazione e un livello di attenzione che sono più elevati del normale. Dunque è possibile sviluppare la consapevolezza delle cose e di noi stessi.
Certi fenomeni su cui si fantastica - il samadhi, l’illuminazione, il nirvana, il satori o il kensho – sono in realtà lo sviluppo di esperienze che già avvengono a livello naturale. Le vie sono tante, ma la meta è unica.

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