Quando
investighiamo la realtà e ci domandiamo chi siamo noi e il mondo,
inevitabilmente ci pensiamo soggetti di questa ricerca e distinguiamo il
soggetto dall’oggetto o dagli oggetti. E, così facendo, spezziamo un’unità
indefinibile. La causa di questo fenomeno è il nostro linguaggio, che è duale,
perché per conoscere deve dividere e contrapporre.
Ma in
realtà soggetto e oggetto sono complementari, dato che ciascuno si definisce in
base all’altro. Il soggetto si definisce perché c’è l’oggetto, e l’oggetto si
definisce perché c’è il soggetto. Ma chi nasce prima?
Nessuno dei
due: soggetto e oggetto coemergono e si definiscono a vicenda. Nascono insieme
e non possono esistere in sé e di per sé. La nostra convinzione di essere
soggetti che danno un nome alle cose è una supposizione errata. È il linguaggio
duale che crea questa impressione.
Soggetto e
oggetto non sono separati e non possono esistere autonomamente.
La realtà è
invece qualcosa di unitario: ogni ente è unito agli altri e tutti sono
interdipendenti.
È un po’
come chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina: i due emergono l’uno in
funzione dell’altro da un lungo processo di trasformazione e di evoluzione.
Se
investighiamo il soggetto e l’oggetto, non troviamo nulla di primario. Che cosa
c’è allora all’inizio? Qualcosa che non possiamo definire, perché al di là di
entrambi. Questo quid è la realtà
senza inizio e senza fine, un continuo processo di trasformazione.
Ma, se
soggetto e oggetto sono coappartenenti, se variamo uno dei due, anche l’altro
si modificherà. Nasce quindi la possibilità di intervenire nei processi di
trasformazione.
La realtà
non è qualcosa di rigido e di predefinito che ci venga data da qualche Dio, ma è
qualcosa che tutto e tutti contribuiscono a creare. Ed è spontanea e creativa. Siamo
noi che vorremmo delimitarla e irrigidirla. Ma più ci irrigidiamo e prendiamo
per stabile ciò che è un flusso continuo, più creiamo un samsara e un karma pesanti
e opprimenti. Più invece ci apriamo e ci rilassiamo, e seguiamo il ritmo del
divenire, più ci si aprono le meraviglie dell’essere.
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