Se cerchiamo la felicità nelle cose di questo mondo, forse per un
po' la troveremo. Ma, ben presto, la perderemo, perché nella natura delle cose
c'è il cambiamento incessante: nessuno stato d'animo può durare a lungo.
Se vogliamo quindi una
felicità più duratura, dobbiamo rivolgerci a qualcosa che sia sempre in nostro
possesso, dentro di noi.
Con la meditazione
cerchiamo di scendere sempre più in fondo per raggiungere quello stato di
consapevolezza che è sostanziato di benessere. Dobbiamo scendere oltre gli
strati superficiali della mente, oltre i pensieri e le sensazioni abituali,
oltre la coscienza condizionata, per arrivare ad una consapevolezza pura che
non ha né soggetto né oggetto.
Non ha soggetto perché
non è un prodotto della mente razionale, della volontà, dell'io o di qualsiasi
operazione mentale. Infatti, consiste nel lasciar andare tutti gli stati
mentali. Ed essendo pura testimonianza, non può essere neppure un oggetto.
Scendendo in
profondità, arriviamo al punto in cui
restiamo consapevoli dell'essere consapevoli, e questo ci dona gioia. Ci
ritiriamo per così dire nello stato primario della mente, la pura
consapevolezza o testimonianza di sé.
Questa discesa è
accompagnata da modificazioni fisiologiche, come il rallentamento del battito
cardiaco, l'abbassamento della pressione sanguigna e la diminuzione del tasso
metabolico. Negli antichi testi delle Upanishad si parla di "quarto stato",
al di là dei tre stati di veglia, di sogno e di sonno senza sogni. Tale
condizione è una forma di riposo e di rilassamento profondo. Ed è accompagnata
da una grande chiarezza mentale.
Vi si può arrivare
attraverso varie vie: seguire il respiro, fissare lo sguardo, ripetere un
mantra (prodotto da noi o anche registrato) o semplicemente ripiegandosi su di
sé per "guardare sempre più in fondo", verso strati sempre più
"sottili". Basta sedersi in modo comodo e rilassato e stare a lungo
fermi, seguendo qualche immagine piacevole, qualche suono o niente del tutto. A
poco a poco, la mente rallenterà la sua attività, producendo i fenomeni
fisiologici di cui parlavamo. Se ci addormenteremo per qualche minuto, niente
di male; al risveglio saremo più calmi e lucidi, due condizioni che favoriscono
la meditazione.
Se a questo punto
rallenteremo o sospenderemo la respirazione, schiacceremo la lingua contro la
volta del palato, chiuderemo gli occhi e ci concentreremo su un punto davanti a
noi verso la punta del naso (magari in un punto luminoso centrale ( chiamato
"bindu"), potremo trovare quello stato d'animo che è fatto di calma,
di chiarezza e di consapevolezza.
Quando torneremo alle
attività abituali, saremo più riposati, lucidi ed efficienti.
Questa immersione quotidiana
nella nostra interiorità più profonda è come un bagno ristoratore e ci dà
un'idea di che cosa sia lo stato ultimo (o primo) di consapevolezza -
l'origine di tutto. Usciamo dalle beghe, dai rumori e dalle miserie della vita
ed entriamo nel regno del silenzio e della pace.
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