domenica 12 gennaio 2020

Il potere della calma


Il misticismo della meditazione non ha niente a che fare con le estasi e con le visioni dei santi (e dei pazzi). Ma è uno stato di calma e di chiarezza eccezionali, che si produce nel silenzio, nell'immobilità (psicofisica) e nella consapevolezza senza oggetto.
       D'altronde, questa visione calma e questa condizione di pace sono stati da tempo identificati con uno stato di trascendenza spirituale.
       "La calma profonda che sgorga da questo corpo e che, per sua natura, raggiunge la luce suprema, questo è l'atman (il centro dell'anima); è l'immortalità, è l'assenza di paura, è il brahman (Dio)" dice la Chandogya Upanishad.
       Ma potremmo citare decine di mistici di tutte le religioni del mondo che affermano la stessa cosa. Uno per tutti: santa Caterina da Genova:
       "Lo stato di questa anima è un senso di tale intensa pace e tranquillità che le sembra che il proprio cuore e il proprio essere corporeo, e tutto sia dentro che fuori, sia immerso in un oceano di somma pace; dal quale essa non potrà mai venire fuori, qualunque cosa possa accaderle nella vita. Essa è inamovibile, imperturbabile e impassibile. A tal punto che le sembra, nella sua natura umana e spirituale, sia dentro che fuori, di non poter provare nient'altro che la più dolce pace".
       Questa pace, questa calma, questa quiete, che con la meditazione prolungata è accessibile (e in parte conservabile) non è dunque cosa da poco. È addirittura il centro della spiritualità ed è la natura della trascendenza.
       Per il nostro mondo, invece, la calma è un valore insignificante. E infatti siamo immersi nella guerra, nello scontro, nella violenza, nella passionalità e nella confusione. Si insegna a lottare, non ad essere calmi. Per noi, l'aggressività, la competitività e il chiasso sono qualcosa di positivo. E i risultati si vedono.


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