Il misticismo della meditazione non ha niente a che fare con le
estasi e con le visioni dei santi (e dei pazzi). Ma è uno stato di calma e di
chiarezza eccezionali, che si produce nel silenzio, nell'immobilità
(psicofisica) e nella consapevolezza senza oggetto.
D'altronde, questa visione
calma e questa condizione di pace sono stati da tempo identificati con uno
stato di trascendenza spirituale.
"La calma
profonda che sgorga da questo corpo e che, per sua natura, raggiunge la luce
suprema, questo è l'atman (il centro dell'anima); è l'immortalità, è l'assenza
di paura, è il brahman (Dio)" dice la Chandogya
Upanishad.
Ma potremmo citare
decine di mistici di tutte le religioni del mondo che affermano la stessa cosa.
Uno per tutti: santa Caterina da Genova:
"Lo stato di
questa anima è un senso di tale intensa pace e tranquillità che le sembra che
il proprio cuore e il proprio essere corporeo, e tutto sia dentro che fuori,
sia immerso in un oceano di somma pace; dal quale essa non potrà mai venire
fuori, qualunque cosa possa accaderle nella vita. Essa è inamovibile,
imperturbabile e impassibile. A tal punto che le sembra, nella sua natura umana
e spirituale, sia dentro che fuori, di non poter provare nient'altro che la più
dolce pace".
Questa pace, questa
calma, questa quiete, che con la meditazione prolungata è accessibile (e in
parte conservabile) non è dunque cosa da poco. È addirittura il centro della
spiritualità ed è la natura della trascendenza.
Per il nostro mondo,
invece, la calma è un valore insignificante. E infatti siamo immersi nella
guerra, nello scontro, nella violenza, nella passionalità e nella confusione.
Si insegna a lottare, non ad essere calmi. Per noi, l'aggressività, la
competitività e il chiasso sono qualcosa di positivo. E i risultati si vedono.
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