Nelle nostre società tutti indossano una maschera, dietro la quale
nascondono la loro vera natura - talvolta ignota a loro stessi: non sanno chi
sono e si affidano ad un ruolo per illudersi di avere un'identità. Ora, chi fa
meditazione deve capire una cosa: che può prendere in giro chiunque, ma non se
stesso. Non è insomma un prete o un monaco che si presentano come tali solo
perché indossano una tonaca o parlano in un certo modo. Ma che cosa c'è sotto
quella tonaca e quelle parole?
Chi fa meditazione non
deve portare nessun vestito esteriore, nessun segno di riconoscimento, perché
non deve comunicare con altri, ma solo con se stesso. Non può fare l'ipocrita,
come tanti religiosi, a meno che non voglia auto-ingannarsi. E, se inganna se
stesso, semplicemente fallisce nella sua pratica. Se non è autentico, in
meditazione non ottiene nulla.
Chi fa meditazione non
deve convincere nessuno, non deve vendere nulla, non deve predicare nulla. È
scoperto, nudo, se la vede solo con se stesso. E, se ha qualche paludamento, lo
deve gettare via. O è autentico o non è nulla. Finché si recita una parte, sia
pure quella dell'uomo spirituale, non si sta meditando.
In effetti, la pratica
meditativa consiste proprio in questo: liberarsi dei ruoli e delle maschere - e
ritrovare momenti di autenticità.
Naturalmente non è per niente facile perché siamo stati da sempre abituati a simulare ciò che non siamo. Ma se si capisce la necessità di questa operazione di denudamento si è già sulla strada giusta.
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